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Ravello Lab 2019, la giornata conclusiva dell’evento

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Ravello Lab 2019, la giornata conclusiva dell’evento

L’edizione 2019 di Ravello Lab, appuntamento culturale promosso da Federculture, volge al termine. Le dichiarazioni di Vincenzo Boccia

«La cultura come risorsa dello sviluppo locale attraverso una nuova
alleanza pubblico-privato» al centro delle riflessioni *Ravello Lab 2019*,
l’appuntamento culturale promosso da *Federculture* e dal *Centro
Universitario Europeo dei Beni Culturali di Ravello* che da tredici anni
continua a rappresentare un riferimento non soltanto nazionale per
l’elaborazione delle politiche di sviluppo territoriale a base culturale.
Per tre giorni a *Villa Rufolo *si è tenuto conto dei principali documenti
di *policy* delle Istituzioni internazionali impegnate a tutelare e
valorizzare le risorse culturali, partendo dal diritto dei cittadini alla
partecipazione culturale.

Il diffuso consenso sull’utilità di Ravello Lab deriva da una chiara
visione strategica delle sue finalità e dalla partecipazione di
amministratori, studiosi e operatori italiani ed europei, chiamati a
fornire un contributo di analisi e di proposte basate su esperienze
concrete.

I lavori sono predisposti attraverso la produzione di un’appropriata
documentazione relativa ai temi in discussione durante le giornate di
Ravello (*background paper*) e che, recapitati con anticipo ai partecipanti
ai Colloqui Internazionali, costituiscono la base concettuale per l’analisi
delle questioni aperte e delle proposte operative. Le *Raccomandazioni* di
Ravello Lab costituiscono il prodotto conclusivo di ciascuna edizione e,
opportunamente diffuse, hanno l’ambizione di contribuire a definire una
nuova agenda politica dei diversi livelli istituzionali chiamati a
sviluppare innovative politiche pubbliche di sviluppo centrate sulla
cultura e sulle industrie creative.

Nel panel 1 diretto da*Pierpaolo Forte *dell’Università del Sannio sono
stati analizzati gli strumenti e i metodi di *partenariato
*pubblico-privato. Una soluzione che si inserisce nell’auspicabile
imminente ratifica della Convenzione di Faro che enfatizza il diritto dei
cittadini alla partecipazione culturale. In questa visione l’alleanza tra
pubblico e privato appare necessaria oltre che opportuna. Consente,
infatti, di intercettare molte risorse non utilizzate, così da invocare
meno risorse pubbliche.

La formula partenariale, infatti, è destinata a diventare la piattaforma
ideale per utilizzare correttamente i fondi del nuovo ciclo di
programmazione 2012-2027, la quale presuppone una qualità progettuale
innovativa e una larga partecipazione tra pubblico e privato.

Bisognerà però allineare la normativa e rivedere alcuni punti del Codice
dei Beni Culturali, connettendo i codici del Terzo Settore e Codice degli
appalti. Dai Colloqui di Ravello la sollecitazione di una connessione
diretta tra progettazione e gestione dei progetti culturali.

E’ emersa, infatti, anche la necessità di allargare gli spazi di autonomia
delle istituzioni culturali pubbliche per favorire sperimentazioni di
partenariato pubblico-privato, auspicando il riconoscimento delle imprese
culturali e creative. In quest’ottica partner naturale si rivelerebbe
l’Università attraverso la ricerca e la formazione, con il trasferimento
nella società delle conoscenze accumulate.

La convinzione dei panelist di Ravello è che il partenariato generi
conseguenze di valore sociale che necessita di valutazione. In questa
prospettiva si inseriscono i risultati del secondo panel *“La valutazione
delle performance economiche e sociali dell’offerta culturale”* coordinato
dall’ambasciatore *Francesco Caruso*.

L’individuazione di un sistema di valutazione si presenta complesso sia per
la pronunciata eterogeneità dell’offerta culturale, sia per l’ampia
difformità dei contesti economici, sociali e territoriali. Questo sistema
deve tener conto della recente normativa di luglio relativa al terzo
settore che affianca quella tradizionale dell’esame delle performance
organizzative.

Una prima indicazione emersa riguarda i criteri e i principi per creare
questo sistema di valutazione.

La valutazione deve seguire un processo strategico con obiettivi chiari e
misurabili, qualitativi e quantitativi.

Una condivisa necessità è rappresentata dall’istituzionalizzazione di un
laboratorio di analisi che determini linee programmatiche e dove si
eserciti una governance negoziale tra la politica e l’istanza territoriale
rappresentata da chi offre cultura.

L’esame della valutazione non può prescindere – altro punto centrale della
discussione – da elementi ostativi che costituiscono intralcio burocratico,
rallentando l’espressione culturale.

Molto si è discusso sui criteri della valutazione: il numero degli ingressi
in un luogo della cultura non può esprimere l’intero valore prodotto
dall’offerta culturale. E’ richiesta una capacità di valutazione
qualitativa legata alla partecipazione all’esperienza culturale dei
cittadini.

Tra le linee che hanno ispirato il dibattito ha assunto importanza le
recenti norme sull’autonomia dei musei e sul tentativo di omogeneizzazione
degli obiettivi strategici tradizionalmente regolati per legge fin dal
2009.

L’inclusione sociale attuata dall’offerta culturale come valore. Sono
emerse unanimi, positive, indicazioni sull’inclusione sociale di categorie
di cittadini nazionali che per età o disponibilità finanziaria non hanno
mai usufruito dell’offerta culturale, cosi come gli stranieri immigrati,
nonché di fette di emarginazione quali disabili o popolazione carceraria
(fattori positivi di questa offerta culturale con notevole impatto sociale).

Tra i punti in evidenza la correlazione tra l’offerta di cultura e l’impatto sociale, tra valutazione e connessione con il territorio.

La valutazione necessita di competenze specialistiche sollecitando una
*capacity building* attraverso la formazione di operatori specializzati in relazione
alle necessità territoriali.

Ad esempio i siti del patrimonio culturale italiano iscritti nella lista
Unesco hanno un’attrazione internazionale evidente e la valutazione
politica di chi redige le strategie di intervento così come degli attori
deve tenerne conto.

Stimolare la conoscenza del territorio e del suo patrimonio materiale e
immateriale per far crescere la consapevolezza e la responsabilità dei
cittadini rendendoli protagonisti dello sviluppo a base culturale».* Ne è
convinto *Alfonso Andria*, presidente del Centro Universitario Europeo per
i Beni Culturali di Ravello che ha aggiunto: *«È necessario perciò che tra
comparti dello Stato ci sia maggiore e migliore comunicazione: per esempio
tra il mondo dell’Istruzione e quello della tutela, gestione e promozione
dei beni e delle attività culturali. Centrale resta, dunque, il tema della
formazione perché si possa costruire un pezzo di futuro». *

Dai Colloqui di Ravello sono emersi grandi spunti per le Raccomandazioni
di Ravello Lab che puntano a favorire innovative formula di partenariato
pubblico-privato e ad impegnare le organizzazioni culturali a mettere a
punto metodi di valutazione efficace – ha dichiarato il presidente di
Federculture *Andrea Cancellato* -. *A tal fine sarebbe opportuno attuare
le norme sulle imprese culturali e creative, allargare il perimetro di
beneficio dell’Art Bonus a tutti i soggetti e alle attività culturali e
infine incentivare il consumo culturale sviluppando iniziative che
defiscalizzino le spese».*

A chiudere i lavori nel primo pomeriggio di oggi il presidente di
Confindustria *Vincenzo Boccia*. «*Cultura e crescita sono due aspetti
determinanti**»* ha detto.

Boccia da Ravello lancia un monito per il Paese, da Sud a Nord, esplicato
nelle sue “5 C”: *cultura, coesione, collaborazione, contaminazione e
corresponsabilità*, punti indispensabili per la crescita e lo sviluppo, che
necessitano di *«**passione per il lavoro e amore per il Paese**».*

Bisogna passare dalla stagione del conflitto a quella della
collaborazione, della competitività nell’interesse del Paese per il
recupero del senso dello spirito di comunità»* ha chiosato il presidente
Boccia.