Home Prima Pagina Meno foto, per favore!

Meno foto, per favore!

0
Meno foto, per favore!
http://www.flickr.com/photos/caiopaifer/2298172700/sizes/o/in/photolist-4v5JFf-4JZ4BN-4WDNYJ-564nUk-5dzdkk-5k18zL-5qNpgL-5vabxN-5C1P1v-5FmuJo-5HiUNh-5NPdGr-5RtS5k-5RH4gG-62LYem-67MCFN-6j7EnY-6rN4kB-6sLFFS-6utfKf-6Awqsz-6DUAx4-6Guz4W-6LobR3-6QDp3R-6Tht4L-7jTakP-7mBGun-7mYVdZ-7su49r-7syf3C-7vRej8-7vReYn-7KXyfF-crzkwY-9a64Gg-duDpkK-j3BUcJ-8KUAJU-7L2wn1-aghEih-bTb8fK-aump3q-auhs6P-9ZLrX3-7FWCHs-ekxfTo-9tPbBf-feCDZe-7Ln6Q9-a7ASQH/
Nell’era delle foto digitali e della loro condivisione su social network come Facebook, le memorie degli eventi della nostra vita rischiano l’oblio.

La nostra quotidianità è sempre più documentata, registrata da fotocamere e smartphone. E sempre più condivisa su social network come Facebook, Twitter e Instagram. Nel solo 2012 sono state scattate 380 miliardi di foto, e su Facebook ne carichiamo ben 300 milioni al giorno (How Many Photos Have Been Taken Ever?). Naturalmente, il numero di scatti tende ad aumentare se ci allontaniamo dal tran tran di tutti i giorni. Come quando siamo in vacanza e visitiamo posti nuovi, ad esempio un museo. A volte, tuttavia, si insinua il dubbio che il continuo prestare attenzione all’inquadratura migliore ci faccia perdere il contatto, l’esperienza, con ciò che ha catturato il nostro interesse.

Linda Henkel, ricercatrice presso l’Università di Fairfield, ha voluto testare questa possibilità con uno studio pubblicato recentemente su Psychological Science, “Point-and-Shoot Memories: The Influence of Taking Photos on Memory for a Museum Tour”.

Niente foto
Foto: Thomas Hawk/ Flickr CC

Degli studenti universitari sono stati coinvolti in una visita guidata al Bellarmine Museum of Art dove gli è stato chiesto di osservare alcune opere e di fotografarne altre. Nel caso delle foto, queste erano o dell’intera opera o di un suo dettaglio. Il giorno successivo alla visita, gli studenti hanno svolto delle prove di riconoscimento e hanno risposto a delle domande su alcuni dettagli visivi degli oggetti che avevano visto o fotografato.

I risultati hanno dimostrato chiaramente come le opere fotografate per intero sono ricordate meno di quelle osservate. Ma, e questo è molto interessante, prendere una foto di uno specifico dettaglio preserva la memoria: non è più presente una differenza tra opere guardate e  fotografate;  inoltre, i ricordi sono conservati non solo per il dettaglio catturato con la fotocamera ma anche per le parti fuori dall’inquadratura. Quest’ultimo aspetto, sottolinea la Henkel, “evidenzia che l’occhio della mente e l’occhio della fotocamera non sono la stessa cosa” (“No Pictures, Please: Taking  Photos May Impede Memory of Museum Tour”).

Sembra paradossale, ma affidare i ricordi alle tante foto che scattiamo rischia  di favorire l’oblio proprio di ciò che vorremmo conservare.

Ma, si obietterà, le foto vengono fatte perché le si possa guardare una volta tornati a casa e quindi aiutarci a ricordare la nostra vacanza. La Henkel, sfortunatamente per noi, precisa: “la ricerca scientifica mostra che l’enorme volume e la mancanza di organizzazione delle foto digitali scoraggia molte persone dall’andare a cercarle e poi parlarne”. E aggiunge: “per poter ricordare, abbiamo bisogno di accedere e interagire con le foto, piuttosto che giusto ammassarle”.

Forse dovremmo mettere un freno agli scatti facili a cui siamo abituati con fotocamere e smartphone…

FOTO COPERTINA: Caio Paifer/Flickr CC