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Warm Bodies: gli zombie tornano e si innamorano (pure)

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Warm Bodies: gli zombie tornano e si innamorano (pure)

Insomma bisognava aspettarselo. In ballo, infatti (e forse purtroppo) ci sono i produttori di Twilight, la storia d’amore che ha conquistato intere schiere di teenager in tutto il mondo e che narrava la storia d’amore scoppiata tra un vampiro, Edward, e una normalissima ragazza americana, Bella. Cambiando poche carte in tavola, arriva nelle sale Warm Bodies, vicenda amorosa tra uno zombie, chiamato R, e una giovane ragazza “normale”, Julie, che, durante una missione per recuperare farmaci nella zona infestata dai morti viventi, viene assalita insieme al suo gruppo di amici. Il fidanzato viene divorato proprio da R, che ne acquisisce, tramite uno strano meccanismo cannibale, i ricordi. Lo zombie decide, colpito da un inspiegabile colpo di fulmine, di salvare la ragazza. Nasce così, lentamente, un’ insolita storia d’amore, che vedrà R, e tutti gli zombie, “cambiare”: torneranno infatti, grazie al calore delle emozioni e dei ricordi (ecco perché “warm bodies”, “corpi riscaldati”), persone normali. A dirigere questo piccolo pasticcio amoroso c’è Jonathan Levine (che aveva convinto pubblico e critica con il bel 50 e 50) che decide di adattare e portare sullo schermo il best seller omonimo di Isaac Marion. Purtroppo la sceneggiatura, a opera dello stesso regista, è pessima, cercando di coniugare fedeltà al romanzo e omaggio ai più bei zombie-movie del cinema (da quelli di George A. Romero su tutti, fino ai più recenti L’alba dei morti dementi, per le connotazioni parodistiche, o 28 giorni dopo da dove si “scopiazza” lo zombie che non barcolla, ma corre), cadendo spesso, appunto, nel prevedibile o nel ridicolo.

A cercare di salvare qualcosa ci provano, senza risultato, gli attori: Nicholas Hoult (era il piccolo protagonista di About a boy), interpreta R, sconsolato e dark al punto giusto, pronto a far battere i cuori di mille ragazzine, mentre Teresa Palmer (un incrocio tra Scarlett Johansson e Kristen Stewart) è Julie, purtroppo troppo impegnata a cercare di vestire i panni della teenager, che a recitare un ruolo (quello di una ragazza che ha perso fidanzato e madre e con un padre iperprotettivo e violento) con, magari, più sbocchi narrativi. Unico forse e restare alto è John Malkovich, nel ruolo del padre di Julie e sorta di crudele soldato anti-zombie, ma si tratta di pochi minuti. La novità del film però è nella bella riflessione sulla figura dello zombie. Se nei film precedenti questi erano morti viventi destinati a essere (ri)uccisi, in Warm Bodies possono redimersi, tornare alla vita normale, cercando la “scintilla” che possa risvegliare i loro ricordi di vita precedenti. Entra in scena, così, una nuova figura nell’ universo zombie: gli ossuti, che nella pellicola sono l’ultimo stadio della mutazione morto-zombie. Essere morto vivente è quindi una condizione di passaggio, un limbo dal quale si può scappare e (ri)tornare, nonostante la morte (?). Il messaggio è fin troppo semplice: anche se si è “warm bodies” (che può essere tradotto anche come “cadaveri freschi”), l’ amore, quello che “riscalda” i cuori, può lasciarci una possibilità di salvare il mondo intero. Nel sottotesto (ma nascosto bene) c’è, quindi, l’ ennesima metafora della lotta al diverso, che tanto diverso, poi,  in fondo non è. Il sequel editoriale arriverà a breve, quanto ci metterà ad arrivare quello cinematografico?