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Un diario di emozioni: mamma Africa! – parte 1

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Un diario di emozioni: mamma Africa! – parte 1

Una nuova esperienza porta con sé, sempre, tutto quello che trova per strada. Come un rastrello tra il terriccio e le pietre, si trascina nel suo cammino pezzi di vita che si incagliano tra le fitte maglie dell’essere e il divenire, che si incastrano nella rete di ricordi, e si trasformano col tempo in piccoli pezzi di quello che siamo diventati.

Questo è il racconto di Milena, della vita che vive in Africa, di quella che sente scorrere tra la semplicità di sorrisi incondizionati e la forzata condizione della semplicità; la costante, questa, della scoperta di un mondo tutto nuovo, fatto di quello che conta davvero, così lontano da noi da poterlo immaginare e volerlo lasciar lì, a badare a se stesso.

Per la terza volta sono in Ghana!

In verità sono più di tre le volte in cui ho visitato questa terra, ma quando ci vieni da turista, in Africa, fai solo un viaggio a metà. È come quando si va in Kenya o in Tanzania e ci si rinchiude in uno di quei lussuosi resorts, magari raramente si mette la testa fuori, per sfuggire al troppo caldo e alle zanzare. Quello è solo un viaggio a metà.

Per capire com’è fatto “l’altro mondo” bisogna provare a entrare nella realtà, parlare con la gente, e toccare con mano la terra rossa.

Perché quello di cui mi rendo conto ogni volta che vengo in Africa è di quanto le realtà influenzino le vite delle persone, di come il sistema in cui ciascuno di noi vive ci rende quello che siamo, e se il sistema non funziona, irrimediabilmente non funzioniamo nemmeno noi.

L’Africa che ho visto è un posto meraviglioso, dove è difficile sentirsi soli seppur non sia facile trovare amici sinceri, specialmente per uno straniero. Resta comunque un posto in cui ti senti meno solo.

Il piatto di riso non si nega mai a nessuno, nemmeno quando non si riesce a riempire il proprio di piatto. È molto difficile vedere lacrime. E ancor più difficile è vedere persone tristi. Gli africani non lasciano mai trasparire la tristezza, perché ognuno di loro ha una storia dolorosa alle spalle. Ognuno di loro ha una corazza che il tempo ha costruito intorno al dolore, rendendoli a volte insensibili, ma solo apparentemente. Noi invece non siamo capaci a nasconderci; il nostro dolore, la rabbia, la felicità, tutto traspare senza filtri.

Eppure a volte li giudico prigionieri della loro stessa terra, schiavi di nuovo, di una cultura che crea vincoli difficili da sciogliere. E per noi che entriamo in contatto con loro e che impariamo ad amarli, diventa doloroso non riuscire a frammentare quella corazza, trovandoci così di fronte alla realtà dei fatti: siamo diversi.

Se solo il mondo fosse un po’ più giusto, se solo ruotasse nella giusta direzione potremo prendere da loro quello che abbiamo perso e dargli quel poco di cui possiamo essere orgogliosi; se solo riuscissimo a farlo!