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Pasolini, a 38 anni dalla sua morte

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Pasolini, a 38 anni dalla sua morte

Com’era l’Italia vista con i suoi occhi e come è attualmente

pasoliniÈ la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, ben 38 anni fa, quando sul lido di Ostia viene ucciso uno degli Artisti contemporanei più importanti della storia d’Italia: Pier Paolo Pasolini. Artista a tutto tondo: poeta, regista, giornalista, attore ed intellettuale. Un moderno Leonardo Da Vinci considerando la sua versatilità e la sua comprovata bravura nei diversi ruoli. Personaggio scomodo per il suo modo di pensare, per il suo andare contro corrente e per essersi sempre schierato contro i poteri forti e quello che oggi viene indicato come mainstream, cioè il conformismo.

Si è detto e scritto tantissimo sulla sua morte, passata alle cronache come una questione tra “froci”, giusto per minimizzare e liquidare l’avvenimento che ancora oggi vede come unico colpevole Pino Pelosi. Molti, però, hanno ipotizzato che ci possa essere dell’altro dietro la morte del Maestro e, quindi, si potrebbe pensare che Pasolini sia stato vittima di un agguato premeditato. Era un personaggio troppo scomodo.

Ciò che, in teoria, avrebbe potuto essere la classica goccia che fa traboccare il vaso è rintracciabile in un suo articolo pubblicato sul Corriere della Sera nel Novembre del ’74 dal titolo “Io So” in cui accusa di sapere i nomi di chi trescava, allora, contro il pubblico interesse e cercava di destabilizzare il Paese: chi organizzò le stragi che colpirono l’Italia tra gli anni ’60 e ‘70, chi organizzò il golpe e così via. Purtroppo, però, Pasolini dichiarava di non avere le prove materiali che confermassero le sue parole.

Altro indizio che ci potrebbe portare alle motivazioni della sua morte può essere rintracciato nel suo libro mai terminato “Petrolio” in cui con nomi fittizi analizzava le misteriose vicende che portarono alla morte dell’industriale Enrico Mattei a Bascapè nell’ottobre del 1962 e dei suoi nemici all’interno dell’ENI.

Nato a Bologna 53 anni prima, Pasolini, dopo molte peripezie e un gran girovagare con la famiglia nel Nord Italia a causa della Guerra, nel 1950 si trasferisce a Roma. Benché scrivesse già da tempo, è però proprio durante la sua permanenza a Roma che il suo genio partorisce opere indimenticabili come Ragazzi di vita che, nonostante il buon successo di vendite, gli valse le prime accuse di oscenità.pasolini

A Roma Pasolini si avvicina anche al cinema, altro suo amore, croce e delizia che gli causerà ulteriori problemi di tipo giudiziario; esempio lampante è il suo ultimo film Salò o le 120 giornate di Sodoma. D’altronde lo stesso Pasolini sosteneva che: “scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere e chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista, il cosiddetto moralista”. Le manifestazioni studentesche sessantottine – che si inseriscono in un contesto storico e politico internazionale particolare che interessa tutto il Mondo, dagli Stati Uniti alla Cina – rappresentano l’ennesima occasione per Pasolini di attirare a sé forti critiche poiché nella sua poesia Il PCI ai giovani si schiera dalla parte dei poliziotti perché “sono figli di poveri” al contrario dei manifestanti che, invece, sono figli della borghesia.

Ma ciò contro cui Pasolini si scagliava maggiormente erano la società dei consumi e l’elettrodomestico per eccellenza: la televisione. Per la società dei consumi aveva, già allora, inteso l’appiattimento culturale, la devastazione estetica e l’imbarbarimento civile a cui essa avrebbe potuto condurre il Paese. Per la televisione, invece, intesa come medium di massa Pasolini nutriva ugualmente delle riserve perché mostrava una realtà falsata in cui non si instaurava mai un rapporto paritetico tra spettatore ed ospiti televisivi, al contrario tutto quello che veniva detto o fatto in televisione era come “calato dall’alto”, anche nei contesti più democratici.

Ad oggi, ripensando a quanto sosteneva il Maestro, possiamo concludere che in fondo avesse ragione; assistiamo, infatti, ogni giorno ad un imbarbarimento civile, ad un appiattimento culturale e ad un potere infinito acquisito dalla televisione che, giusto per parafrasare Sabina Guzzanti, è diventata ormai un’arma di distrazione di massa. Vien da pensare che all’epoca ebbe una certa lungimiranza nel capire la direzione verso cui si stava dirigendo l’Italia. Per risollevarci da tutto ciò serve, a parere di chi scrive, una buona dose di volontà di cambiamento. Cosa però che è attualmente inesistente.