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L’OCSE su welfare italiano e migrazioni

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L’OCSE su welfare italiano e migrazioni

La Organisation de coopération et de développement économiques  (OCDE) – o più comunemente conosciuta in Italia con il nome di OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), nell’ultimo Rapporto sulle migrazioni (International Migration Outlook) sottolinea che il saldo migratorio italiano continua ad essere negativo. Cioè mentre sempre più italiani fuggono altrove, l’Italia accoglie sempre meno stranieri.

Il saldo migratorio è un indicatore statistico applicato alle scienze sociali che si ricava calcolando la differenza tra il numero di immigrati e quello di emigrati riferito ad una determinata città, zona o paese in un anno (Saldo migratorio = numero immigrati – numero emigrati).

L’organismo internazionale svolge prevalentemente il ruolo d’assemblea consultiva per 34 Paesi e supporta occasioni di confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni, l’identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi membri dell’Unione Europea.

I dati del Rapporto OCSE ci dicono che, dal 2007 al 2011, il numero di nuovi immigrati arrivati in Italia è crollato, fino a dimezzarsi al -44%. Intanto ben 85 milioni d’italiani sono emigrati verso nuove terre, dando vita cosi alle nuove migrazioni. L’Italia si trova investita nuovamente da questo processo di cambiamento dei flussi migratori. Il bel paese torna ad essere una nazione d’emigrazione, ed i dati lo confermano ormai da più di sei anni.

Nell’International Migration Outlook l’Organizzazione spiega inoltre come gli immigrati regolari incidano positivamente sul Prodotto Interno Lordo italiano.

Il Rapporto abbatte il falso mito dell’insostenibilità economica dell’immigrazione. Gli stranieri non pesano sul welfare italiano, ma al contrario, lo sostengono. L’OCSE scopre che il bilancio per l’Italia in relazione al lavoro degli immigrati non è in passivo, ma in attivo. Gli immigrati contribuiscono a tenere in piedi il nostro welfare per una cifra pari allo 0,9% del PIL.

Chi ne beneficia è principalmente il sistema pensionistico poiché ad arrivare in Italia sono prevalentemente giovani lavoratrici e lavoratori che vanno ad ampliare la platea di contribuenti e frenano in parte l’invecchiamento della popolazione.

Se tutti i lavoratori stranieri fossero giuridicamente regolarizzati, il loro impatto positivo sull’economia sarebbe maggiore, incidendo notevolmente sul welfare state.

Purtroppo sono ancora tantissimi i pregiudizi che accompagnano i dibattiti odierni sulle migrazioni. Continuare a pensare all’immigrazione come una rovina è completamente fuori da ogni logica. Inoltre sarebbe mentire dati alla mano. L’esperienza dei paesi scandinavi, oramai eccellenza riconosciuta in tutto il mondo, dovrebbe far riflettere le classi politiche di tutta Europa. Ad esempio In Svezia gli immigrati incidono sul PIL per un valore prossimo al 2%.

Mentre le trasformazioni dei flussi migratori evocano storia e ricordi che hanno caratterizzato le vite delle vecchie generazioni d’italiani in America, Belgio, Argentina ed altri parti del mondo, ci chiediamo cosa avrà mai di diverso un immigrato in Italia da un nostro amico, figlio o conoscente in terra straniera?

“Continuo è il vagabondare del genere umano; e quotidianamente in questo così vasto mondo qualcosa cambia” (da “Il Continuo vagabondare del genere umano” di Seneca).