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La dislessia come deficit nella comunicazione tra aree cerebrali

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La dislessia come deficit nella comunicazione tra aree cerebrali
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Risonanza magnetica funzionale
FOTO: johnaugustustate/Flickr CC

Uno studio recentemente pubblicato su Science aiuta a chiarire le basi neurali della dislessia

La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento. I soggetti affetti, circa un 10% della popolazione, presentano a partire dai primi anni delle scuole elementari una marcata e selettiva difficoltà nella lettura. In particolare, i dislessici sono più lenti e meno accurati, commettendo errori tipici come lo scambio di lettere visivamente simili –ad esempio, la lettera “m” invece della “n”.

Da un punto di vista neurologico, non è ben chiaro se l’origine del disturbo sia una compromessa rappresentazione neurale dei singoli suoni linguistici (fonemi) oppure un deficit nell’accesso alle stesse rappresentazioni da parte delle aree di elaborazione e produzione del linguaggio. Una ricerca di Bart Boets e collaboratori, pubblicata su Science, aiuta a distinguere tra le due ipotesi (“Intact But Less Accessible Phonetic Representations in Adults with Dyslexia”).

Lo studio ha coinvolto 45 adulti (23 soggetti dislessici e 22 controlli) sottoposti a risonanza magnetica funzionale nel corso di un compito di discriminazione uditiva tra sequenze di fonemi. Non sono emerse differenze tra i due gruppi nell’accuratezza delle risposte e nel profilo di attivazione neurale, risultato specifico e robusto per i singoli fonemi. Tuttavia, i soggetti affetti da dislessia sono stati decisamente più lenti nel fornire le risposte; inoltre, si è riscontrato che essi presentano una lesione funzionale e anatomica alle connessioni tra le aree uditive (sede delle rappresentazioni fonetiche) e l’area di Broca (responsabile dell’elaborazione e produzione del linguaggio).

Nel complesso, quindi, questo nuovo studio segna un punto a favore dell’ipotesi della dislessia come deficit di comunicazione tra aree cerebrali deputate all’elaborazione del linguaggio. Non tutti gli esperti, tuttavia, sono convinti della correttezza della ricerca. Ad esempio, Iris Berent, linguista della Northeastern University, ritiene che il compito di discriminazione utilizzato non sia in grado di evidenziare le difficoltà di lettura dei dislessici.

Naturalmente, il dibattito sulle cause neurologiche del disturbo ha importanti ricadute sul piano pratico. Infatti, alcune forme di riabilitazione per i dislessici sono basate sull’ipotesi della compromissione nella rappresentazione neurale dei fonemi. Se i risultati di quest’ultimo studio di Bart Boets e collaboratori verranno confermati, sarà necessario rivedere l’approccio terapeutico da adottare nei soggetti con dislessia.

FOTO COPERTINA:  Candyn29**/Flickr CC