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Il fascino del sincretismo nella storia campana

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Il fascino del sincretismo nella storia campana

Sincretismo nella storia della Campania, voli pindarici sulla nostra identità

[ads2] Qualche giorno fa, addentrandomi nei suggestivi meandri di Caserta vecchia, non ho potuto fare a meno di notare l’austera imponenza e, soprattutto, l’originale bellezza del Duomo dedicato all’Arcangelo Michele, un tipico esempio di arte arabo-normanna. In questo pregevole Duomo si mescolano, infatti, elementi dell’architettura longobarda, forse filtrata dal romanico pugliese, e dello stile arabo, evidente negli archi a ferro di cavallo delle finestre del transetto. Le tessere policrome, segnate dal tempo eppure ancora visibili, regalano agli occhi un’immagine di singolare bellezza che, in modo immediato ed istintivo, fanno venire in mente il Duomo di Salerno ed innumerevoli altri esempi di arte arabo-normanna, presenti in gran parte del Meridione, dalla Campania alla Sicilia.

sincretismoL’eleganza e la geometria ipnotica di quei disegni, come una madeleine di proustiana memoria, mi hanno ricordato la vivace simmetria di molte ceramiche della Costiera Amalfitana, ma, ancor di più, mi hanno riportato alla mente un verso di Rubaiyat di Jorge Luis Borges: “Tu non sei che gli altri il cui volto è polvere. Sei i morti”, e davvero noi siamo gli altri il cui volto è polvere giacché la storia della nostra terra è la complessa storia di genti italiche, etrusche, greche, romane, ebree, ostrogote, longobarde, saracene, normanne, sveve, albanesi e via dicendo. Miriadi di genti, di sangue, di lingue, di culture che hanno contribuito a renderci ciò che oggi siamo, che hanno contribuito a forgiare la nostra cultura, a renderla unica ed a modellare i paesaggi e le architetture che ancora oggi possiamo scorgere con immenso piacere, aldilà del cemento selvaggio, dei rifiuti tossici ed incontrollati, e di tutto l’orrore insensato e vigliacco che a volte sembra annichilire quanto di bello vi è in questi luoghi.

In fondo, persino l’Università della nostra città, Salerno, affonda le proprie origini mitiche in questo sincretismo culturale che è la cifra distintiva della storia campana. In pochi se ne ricordano, ma ancora oggi in Via Arce è possibile vedere parte dell’acquedotto del IX sec. dove, secondo una leggenda, casualmente in una notte di tempesta si incontrarono i fondatori della Scuola Medica Salernitana. I quattro medici erano il greco Ponto, il latino Salerno, l’ebreo Elino e l’arabo Adela. Quindi, coloro che avrebbero fondato la più antica Scuola Medica e, secondo alcuni storici, la più antica Università dell’Occidente, erano di culture differenti. Molto probabilmente questa è solamente una leggenda ma rappresenta bene l’humus culturale della nostra città e della nostra regione, una regione dai mille volti, e, tuttavia, una regione dove la varietà non è caotica, slegata o in contraddizione, ma è fusa nell’armonia dell’unità. Questa unità, costruita con la fatica e col tempo e sempre in bilico, sempre mutevole, non deve, tuttavia, farci dimenticare il contributo di innumerevoli antenati senza volto, avi di differenti culture.