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I fantasmi della mente

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I fantasmi della mente

La paura che nessuno ci possa proteggere o il sospetto di essere abbandonati e rifiutati sono gli incubi dell’infanzia, ma anche i fantasmi della maturità

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Il “mal di vivere” come è visto dalla studentessa Caterina Montefusco, diciotto anni, frequentante il terzo liceo classico dell’Istituto “Publio Virgilio Marone” di Mercato S. Severino.

«Il male di vivere è uno stato d’animo che aleggia nella mente come un pensiero negativo. È un fantasma che soccombe sulle persone depresse e le stringe in una morsa soffocante. Con il male di vivere si perde interesse per ogni cosa. L’insoddisfazione di ciò che appare intorno invade l’anima, lasciando posto ad un freddo deserto che spazza via ogni singola emozione, rendendo l’individuo freddo e apatico.

i fantasmi della mente
I fantasmi della mente

Il male di vivere è spesso definito come cancro dell’anima, un’affermazione brutale che sottintende come si possa sentire la persona che ne è affetta. L’auto-svalutazione e la perdita della voglia di vivere sembrano offuscare la vista e non lasciare nessuno spiraglio di luce. Spesso lottare per cercare di rialzarsi sembra diventare il disperato tentativo di recuperare ciò che appare insensato. Tutta questa forza si trasforma in un senso di colpa, si pensa di non essere in grado di risollevarsi, ricadendo così in un baratro spaventoso da cui è difficile uscire. Si è trascinati allora in quello che comunemente chiameremo vita.

Il mal di vivere è stato trattato da sempre. A partire dal I secolo a.C. il mondo romano viene pervaso da un forte e distruttivo disagio esistenziale, Epicuro enuncia che il mondo intero vive nel dolore. Lucrezio afferma che l’uomo appare come colui che, per dare un senso alla propria vita, si è inventato miti e inferi e ora davanti alla morte trema come un’infante ma l’uomo non deve temere la morte perché non c’è niente di più insensato che prolungare una vita piena di sofferenze e lacrime. Secondo Seneca invece, la radice del male sta nell’incapacità di prendere le distanze dalla frenesia che ci circonda che fa sfuggire il tempo davanti ai nostri occhi. Orazio è presentato come colui che non riesce più ad affrontare la vita in modo sereno poiché la felicità che prima provava è stata sopraffatta dal mal di vivere e dalle sofferenze, che identifica come Funestum Veternum, malattia tra ozio e paralisi intellettuale.

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I nativi digitali

Il Novecento appare come l’epoca della crisi di tutte le certezze, sia in ambito scientifico che letterario. Ogni punto di riferimento è caduto e l’individuo appare isolato nella società massa. Davanti alle incertezze in cui ogni conoscenza è decaduta, rimane solo la certezza della morte. Il senso della vita sfugge all’uomo:- «È il nulla dentro di me, il vuoto alle mie spalle», dice Leopardi. La vita è una bugia, quasi come un sogno. Il mondo è ridotto a una Wasterland, un’arida spirituale, come afferma Elliot. Il Novecento è il secolo con il quale lo spirito muore e trionfa il grigio e pesante conformismo. La società ha tagliato ogni impulso verso la conoscenza ed Internet ci immerge in un mondo virtuale/reale che ci irretisce in altre identità».

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