Home Cultura Fede, commozione e un’inedita riflessione sulla Festa di San Gennaro a Napoli

Fede, commozione e un’inedita riflessione sulla Festa di San Gennaro a Napoli

0
Fede, commozione e un’inedita riflessione sulla Festa di San Gennaro a Napoli

A cura di Annarita Cavaliere

Questo è l’anno in cui la Diocesi di Teggiano-Policastro, per la prima volta, si è recata a Napoli per offrire l’olio che deve alimentare la reliquia del Sangue di San Gennaro.

Ieri Don Gianni Citro (parroco di Marina di Camerota e Lentiscosa), Don Andrea Sorrentino (parroco di Camerota) e Don Antonio Toriello (di Licusati) hanno accompagnato le parrocchie in pellegrinaggio verso la città che attende, ogni anno, il miracolo di San Gennaro, Patrono di Napoli e della Regione Campania, verso il quale i cittadini osservano una particolare venerazione. In questa occasione, grazie alla guida di Don Gianni Citro, è stato possibile svolgere anche un breve percorso conoscitivo nel centro della città partenopea.

La prima tappa è la Basilica di S. Domenico Maggiore, costruita tra il 1283 e 1324, complesso domenicano fortemente voluto da Carlo II D’Angiò, da poco restaurato. L’interno gotico è stato ricoperto d’oro nell’Ottocento, acquisendo un’impronta neogotica. All’interno si trovano i dipinti di Pietro Cavallini e Tommaso De Vivo, le opere scultoree di Cosimo Fanzago, nonché l’affresco di Solimena nella volta della sacrestia. In tale edificio si è formato e ha trascorso la sua vita Tommaso D’Aquino (1225-1274), frate domenicano e teologo.

A distanza di pochi metri c’è la Chiesa di Gesù Nuovo, con una facciata particolare, composta da bugne di piperno tagliate a forma di diamante. La Chiesa è depositaria di una vasta produzione artistica napoletana come Giovanni Lanfranco, Cosimo Fanzago, Luca Giordano e Francesco Solimena, a cui è attribuito l’affresco della controfacciata raffigurante La cacciata di Eliodoro dal Tempio del 1725. Man mano che si osserva la maestosità nei dettagli dell’edificio, come la cupola dipinta da Giovanni Lanfranco (quasi completamente crollata nel terremoto dell’88), si arriva alla Cappella della Visitazione, dove si celebra il culto di San Giuseppe Moscati (1880-1927), medico, ricercatore e docente universitario.

Si prosegue fino alla Chiesa di Santa Chiara, che comprende anche il monastero, con uno splendido chiostro maiolicato, dove si percepisce la massima espressione dell’epoca gotica. Infine si arriva alla Chiesa dei Girolamini, che nasce come confraternita di Filippo Neri, progettata dal fiorentino Giovanni Antonio Dosio (uno degli artisti di derivazione toscana che collaborarono alla costruzione, che ebbe proficui rapporti con artisti emiliani e romani). All’interno si trovano la Pinacoteca e la Quadreria, dove spiccano le opere di Caracciolo e De Ribera, due esponenti della pittura caravaggesca, capaci di catturare l’istante, un’espressione, il dettaglio, lasciando emergere tutta la tragicità dell’essere umano.

Nel pomeriggio dunque, si è svolta la celebrazione dedicata a San Gennaro. Alle 16.30 sono iniziati i Riti Vigilari, partiti con il Corteo processionale del Comitato Diocesano San Gennaro e preceduti dalla Fanfara dei Carabinieri, con la partecipazione di autorità civili, religiose e militari. La gente delle diverse parrocchie della Diocesi ha accolto i sindaci con un festoso applauso, che ha accompagnato anche il Vescovo Antonio De Luca nella Chiesa San Giorgio Maggiore per la benedizione dell’olio. La celebrazione dei primi vespri si è spostata poi nel Duomo, con il Cardinale Arcivescovo Crescenzio Sepe che, prima della benedizione, ha ringraziato tutti per la grande partecipazione alla festività di San Gennaro, definendo tale presenza “un atto di fede verso il martire, un momento di comunione forte tra le parrocchie della Diocesi e le autorità civili“. Anche il Vescovo Antonio De Luca è intervenuto per affrontare la tematica del martirio “come una scelta di vita, che si fonda sul sacrificio, essenza dell’esistenza cristiana e che porta alla configurazione del progetto di Dio“.

La celebrazione cantata si conclude con il toccante discorso del Presidente del Comitato San Gennaro, che ha elogiato coloro che scelgono con coraggio di non lasciare la propria terra, la Campania, invitandoli a credere in un futuro migliore, a continuare a lottare per avere le possibilità che si potrebbero trovare in altre regioni. Il vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro ha acceso la lampada votiva, e subito dopo, a sorpresa, i fuochi d’artificio, un caloroso applauso, qualcuno che si commuove, flash che catturano il momento; Napoli è in festa e con essa tutta la comunità in “pellegrinaggio”.

Spesso si dice: «Vedi Napoli e poi muori». In che senso? Il verbo “vedere” deriva dal latino “video”, e significa anche “fare esperienza”, “incontrare”, “provare”. Napoli è così ricca da stancare la vista, apre il cuore, stimola i sensi, fa innamorare. È stratificazione di culture, storie, popoli, tradizioni. Nei volti dei passanti si legge la vita in movimento, il gusto di arrangiarsi, l’amore per la loro mamma, Napoli, dove “tutto è concesso”. Una città di una ricchezza artistica impressionante, a cui andare incontro, da festeggiare e assaporare. La celebrazione in onore di San Gennaro smentisce quel fanatismo religioso esasperato che spesso le si attribuisce, ma è stata una dimostrazione di fede e di compartecipazione da parte di una comunità che, in maniera composta, ha fatto esperienza solo di una delle infinite sfumature che il capoluogo possiede e custodisce. Forse chi la critica vorrebbe solo avere la capacità “d’incontrarla”.