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Donne spezzate XXVI, in memoria delle 26 vittime nigeriane

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Donne spezzate XXVI, in memoria delle 26 vittime nigeriane

Donne spezzate XXVI dell’artista Stefania Spanedda dedicata al ricordo delle 26 vittime nigeriane sbarcate lo scorso anno nel porto di Salerno

 

Salerno– Si è svolta questa mattina, nei giardini di via Scillato (nei pressi del Forte La Carnale), la cerimonia inaugurale dell’opera Donne spezzate XXVI dell’artista Stefania Spanedda dedicata al ricordo delle 26 vittime nigeriane sbarcate lo scorso anno nel porto di Salerno.

All’evento dal titolo “Nessuna Violenza“, insieme all’artista, hanno preso parte il Sindaco di Salerno Vincenzo Napoli, l’Assessore alle Pari Opportunità Gaetana Falcone ed i rappresentanti della Scuola Giovanni XXIII di Salerno. 

L’evento è patrocinato dai comuni di Salerno, dall’Associazione sardi in Torino Antonio Gramsci ed ha ottenuto il patrocinio del comune di Torino e della cittadina Bosa (Or).

Donne Spezzate XXVI

L’opera dal carattere molto deciso intende sottolineare e portare alla riflessione l’osservatore, un messaggio eterno che possa essere da monito alle generazioni successive. Una memoria indelebile impressa su ferro arrugginito sulla quale si collocano le vite spezzate delle giovani 26 donne nigeriane.

“Rimasi molto colpita dalla notizia della morte di queste giovani donne e questo mi ha spinto a raccontare l’episodio per rendere il ricordo indelebile nella memoria collettiva. L’opera sottolinea quanto ci sia bisogno di un un cambiamento sociale – rimarca l’artista Stefania Spanedda – Tutti dobbiamo farci carico di un nuovo modo di comunicare e di comprendere l’altro creando situazioni solidali. L’arte è un veicolo immediato che trasforma nel profondo tutti.”

“L’opera nasce per ricordare e sensibilizzare i cittadini- Sottolinea il Sindaco di Salerno Vincenzo Napoli– Il nostro comune ha accolto con orgoglio questo importante lavoro dedicato alle vittime del naufragio e alle donne che subiscono violenze nella quotidianità”.

“La nostra scuola è molto sensibile al delicato tema della violenza di genere – sottolinea la rappresentate della Scuola Giovanni XXIII di Salerno – E’ stato, infatti, implementato un seminario di ricerca attraverso il quale i ragazzi hanno approfondito l’argomento. Noi, come istituto ci impegniamo a formare uomini e donne consapevoli e solidali -Conclude- La formazione nasce dalla famiglia e continua con la scuola”.

L’opera

Donne spezzate XXVI è composta da 26 statuine stilizzate della Dea Madre sarda, un simbolo pre-cristiano legato al culto dell’acqua, della fertilità e della vita che trasmette l’idea della donna generatrice, componente fondamentale ed attiva della società.

In Donne Spezzate XXVI la figura femminile viene in alcuni casi scomposta per trasmettere l’idea di violenza, profanazione e di morte cruenta.

Le venature tipiche dello stile della ceramica raku, rappresentano i segni dei soprusi sul corpo.

Il pannello in ferro arrugginito sulla quale si collocano gli elementi dell’opera, rappresenta la corrosione del sistema politico-economico di numerosi Paesi che lucrano e speculano sull’accesso alla terra, sul monopolio delle risorse e che fomentano la tratta degli esseri umani creando un sistema perverso nel quale i poteri economici riescono a cancellare i diritti dei popoli.

Le onde del mare, infine, con il loro colore turchese intenso rappresentano la purezza dell’acqua che nella narrazione diventa incolpevole teatro del dramma.

L’artista

Stefania Spanedda nata a Bosa nel 1970 , vive tra Torino e Bosa. Maestra elementare di professione e ceramista per passione, da un decennio concilia l’attività professionale con la passione creativa. Ha sviluppato un personale linguaggio che trova la sua ispirazione nella cultura della sua terra d’origine: la Sardegna.

Elementi ricorrenti dell’opera sono: il mare, la Dea madre stile sardo e le caratteristiche Domittas (casette) che si ispirano al colorato e caratteristico centro storico della sua cittadina natale.

 

Un’opera che narra centinaia e migliaia di storie di vite spezzate, di soprusi e di lunghi e logoranti silenzi, racconta di madri, figlie e sorelle e di un Universo da ammirare e proteggere. Sempre.