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Veleni in giro, a quando le bonifiche?

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Veleni in giro, a quando le bonifiche?

Prodotti chimici, sostanze tossiche, metalli pesanti e rifiuti pericolosi. La loro presenza nell’ aria  e nelle falde acquifere avvelena il 3% del territorio nazionale. La superfice contaminata è composta da 1.800 kmq di aree marine, lagunari, e lacustri e più  5.500 di aree terrestri.

Dalla fine degli anni ottanta le norme europee sono diventate più severe, ci sono obblighi per il controllo dell’ inquinamento. Ma nonostante in Italia ci siano le competenze tecniche, le bonifiche restano un miraggio. E più di nove milioni di cittadini vivono esposti direttamente o indirettamente alle sostanze nocive presenti in circa tredicimila siti potenzialmente inquinanti. Di questi 1.500 sono impianti minerari abbandonati, 6.500 ancora da indagare e 5.000 certamente da bonificare, quasi tutti a competenza regionale, mentre sono 57 quelli sotto la giurisdizione statale.

Un’emergenza che va da nord a sud: non c’ è regione italiana che non abbia nel suo territorio almeno un sito contaminato e i comuni inclusi nei siti d’ interesse nazionale (Sin) sono oltre 300. Nonostante queste cifre, a quattordici anni dall’ adozione del decreto ministeriale 417/99, che fissa le procedure per l’ effettuazione delle bonifiche, i risultati sono deludenti.

Le cause del ritardo nel procedere con le bonifiche in Italia sono fondamentalmente tre: in primo luogo, in questi anni il ministro dell’ ambiente ha dimostrato una diffusa inadeguatezza nell’ affrontare le situazioni più urgenti, principalmente a causa della precarizzazione del personale al suo interno. Il continuo turn over tra i responsabili dei lavori ha portato infatti ad una dispersione di conoscenze e competenze. Grandi responsabilità vanno attribuite anche alle aziende,che con espedienti legali e illegali di ogni genere hanno fatto e continuano a fare di tutto per dilazionare e ritardare gli interventi e ridurre al minimo il proprio conributo economico al risanamento. I ritardi negli interventi stridono con quanto emerge dalle indagini delle magistrature, dell’ istituto superiore di sanità e dei controlli delle arpa: la salute di chi risiede nei Sin è sottoposta a un rischio sensibilmente maggiore di contrarre malattie mortali.

Da alcuni anni sono cominciati i controlli sui cittadini che vivono in aree inquinate per valutare la loro esposizione diretta. Si studia quali prodotti chimici, come metalli diossine e altre sostanze persistenti, si riscontrano nel sangue delle persone o nel latte materno. Si chiama biomonitoraggio umano ed è molto importante se utilizzato come strumento ai fini della bonifica. I risultati di questi studi, infatti, possono guidare gli enti pubblici preposti alla scelta degi interventi prioritari.