Home Cultura Trattativa Stato-Mafia, il dibattito con Massimiliano Amato

Trattativa Stato-Mafia, il dibattito con Massimiliano Amato

0
Trattativa Stato-Mafia, il dibattito con Massimiliano Amato

Trattativa Stato-Mafia, se ne parla a Salerno con Amato e D’Antona. Tra il ’92 e il ’94, la mancata svolta della “dissociazione” non fu opera dei magistrati

[ads1]

Presentata oggi, alle ore 18.00 presso la Feltrinelli di Salerno, l’ultima pubblicazione del giornalista Massimiliano Amato, L’altra trattativa, edita da CentoAutori: un ampio discorso sulla seconda “trattativa” degli anni ’92-’94 che riguardò, in questo caso, non i rapporti dello Stato con la camorra, ma con la mafia.

Trattativa Stato-Mafia
Trattativa Stato-Mafia: se ne parla a Salerno con Massimiliano Amato

L’episodio della Fiat Tipo piena d’armi, ritrovata in un garage di corso Garibaldi nel pieno centro cittadino di Salerno (di fronte all’ingresso del Palazzo di Giustizia) fu solo uno dei tanti elementi che vennero a galla per mettere in luce un problema preesistente.

Presenti all’incontro illustri ospiti come Nello De Luca, portavoce di Laboratorio 20, Cecchino Cacciatore, avvocato del Foro di Salerno, Enzo D’Antona, direttore del quotidiano “La Città” e Franco Esposito, direttore di Telecolore Salerno.

«Riteniamo che il giornalismo d’inchiesta rappresenti un elemento indispensabile alla tenuta democratica del nostro Paese» afferma Nello De Luca, «Massimiliano ha la capacità non ordinaria di mettere in fila fatti intricatissimi con un linguaggio estremamente chiaro. La crisi di coscienza di Angelo Moccia coinvolse all’interno della Nuova Famiglia, tra il 1992 e il 1004, alcuni protagonisti d’eccezione, primi tra tutti l’avvocato Senese [Saverio Senese, napoletano, difensore di Angelo “Enzuccio” Moccia – ndr] e don Antonio Riboldi [vescovo di Acerra – ndr]. La trattativa Stato-mafia fu resa nota il 6 febbraio 1994, e prevedeva che diversi esponenti del gruppo criminale si costituissero a patto di essere riconosciuti come “dissociati”, non “pentiti”, e venisse loro consentito di assumersi le proprie colpe solo verso se stessi, senza menzionare altri coinvolti. In seguito due realtà contrapposte, le procure di Napoli e Salerno, si scontrarono in merito al da farsi».

Il moderatore, Franco Esposito, ha quindi letto alcune riflessioni inviate dal magistrato della Corte d’Appello Michelangelo Russo: “Il pentimento dei camorristi fu un’occasione perduta. Fummo noi magistrati, arroccati nella salvaguardia dell’edificio delle nostre certezze e di una forma puramente logica a non tentare di sovvertire, forse in bene, quella condizione che si era venuta a creare”.

Trattativa Stato-Mafia
Trattativa Stato-Mafia

Ancora, D’Antona ricorda che «La trattativa Stato-mafia è sempre esistita, dal lontano 1860 fino ai corleonesi, e anzi non esiste una mafia che non tratti con lo Stato, perché in tal caso diventerebbe delinquenza comune».

Ma dissente dal parere di Russo, sostenendo che il fallimento non è dipeso dai magistrati: «Dopo Buscetta, agli inizi degli anni ’90 i pentiti cominciarono ad aumentare, e la mafia vedeva così crescere le proprie spese per sostenere le famiglie degli affiliati che finivano in carcere. Inoltre – prosegue –  con l’esplosione dell’inchiesta di Tangentopoli, che riguardava il finanziamento illecito dei partiti, tutto il sistema politico cominciò a distruggersi e la spesa pubblica per gli appalti si ridusse di un decimo. La mafia perdeva punti di riferimento. In questo contesto s’inserirono le morti di Falcone e Borsellino, ma poi, alla fine del ’93, Dell’Utri fonda Forza Italia e nel ’94 la trattativa si arena; rinasce un blocco politico, e con esso una “borghesia mafiosa” che assume in proprio la guida».

Una riflessione acuta che, ancora di più, spinge ad apprezzare l’opera di Amato e il suo impegno “non da cronista, ma da giornalista”.

[ads2]