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Staminali Salvavita

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Staminali Salvavita

Stamattina, presso la sala consiliare di Roccapiemonte, si è tenuto il convegno “Donazione sangue cordonale sai perché?” organizzato da Artemide, un’associazione no profit nata da pochissimi mesi, che opera sul territorio Comunale. L’incontro, patrocinato dal Comune di Roccapiemonte e dall’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della provincia di Salerno, è stato il primo di tre eventi previsti per il mese di maggio.

Argomento principale dell’incontro é stata la tematica della donazione del cordone ombelicale, gesto utilissimo per curare numerose patologie, grazie alle cellule staminali contenute nel sangue cordonale. Il secondo incontro sarà incentrato sull’alimentazione e lo sport per i bambini e, infine, il terzo chiuderà il ciclo parlando dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in collaborazione con l’UNICEF. Dopo i saluti istituzionali del vicesindaco Raffaele Polichetti, il convegno é entrato nel vivo con l’intervento del dott. Carmine Pagano ginecologo dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona.

A tutti i presenti tra cui tantissime donne é stata evidenziata l’importanza di donare le cellule staminali perché sono in grado di moltiplicarsi, possono rigenerare tessuti e  possono essere impiegate per curare grandi ustionati, malati di HIV e, inoltre, riescono a guarire patologie molto gravi come il diabete, la sordità, l’ictus pediatrico, l’asfissia neonatale, la sindrome del cuore sinistro. In più le cellule staminali sono ematopoietiche, cioè possono guarire le malattie del sangue. Il dott. Pagano, successivamente, ha voluto rassicurare che donare il sangue cordonale è facile e indolore sia per la madre sia per il bambino. Il tutto si svolge, dopo il parto, come una normale donazione del sangue. Il sangue prelevato dal cordone è trasferito alle Banche di raccolta e conservato a -190°.

Le donazioni si distinguono per un uso eterologo: il sangue ombelicale può essere utilizzato da chiunque, e un uso autologo quando le cellule vengono utilizzate dal donatore stesso oppure dai membri della sua famiglia. Quest’ultima pratica non è prevista dalla legge italiana e quindi chi vuole conservare il sangue cordonale per se stesso deve farlo trasferire all’estero. Pagano ha concluso la sua spiegazione affermando: ‹‹Le staminali non sono l’elisir della lunga vita, ma possono fare tanto››. La mattinata é continuata con la dott.ssa Roberta Penta biologa della banca del sangue dell’ospedale Pausillipon di Napoli. Il suo intervento, puntuale e molto accurato, si é incentrato a chiarire quali sviluppi si sono avuti negli anni nelle tecniche di prelievo, conservazione e raccolta delle cellule staminali, e l’operato delle banche del sangue.

La dott.ssa ha  spiegato  che fino a qualche decennio fa l’unico modo per ottenere le cellule staminali era prelevarle dal midollo osseo, un intervento invasivo e con qualche rischio. È degli anni 80 la scoperta che tali cellule possono essere raccolte dal cordone ombelicale. I vantaggi di questa pratica sono numerosi: non ci sono rischi, qualsiasi madre può essere fonte di cordone ombelicale (a meno che non è affetta da malattie genetiche), basso rischio di malattie infettive e, soprattutto, queste cellule richiedono una compatibilità inferiore tra donatore e paziente rispetto alle staminali provenienti dal midollo osseo. Gli svantaggi: un più lento attecchimento delle cellule e una ridotta quantità di sangue da poter prelevare. Fortunatamente rispettando la regola del “non si butta via niente” anche le unità toppo esigue per essere usate per i trapianti sono utilizzate per creare gel piastrinico.  Ma dove viene inviato questo sangue tanto prezioso? Una volta prelevato dalle ginecologie sparse per la provincia, le unità donate sono inviate alle Banche del sangue; quella di Pausillipon è l’unica pubblica in Campania.

È la volta del dott. Vito Clemente, responsabile centro di raccolta S.C.O dell’ospedale di Battipaglia, che ha fornito ai presenti dati importati sullo stato della donazione delle staminali in Italia. Dalle sue dichiarazioni si evince che la pratica della donazione del cordone ombelicale è ancora sconosciuta perché non c’è interesse nel farla conoscere: ‹‹È tutto un gioco di soldi, c’è disinformazione perché con i chemioterapici si fanno i soldi››. Il convegno, infine, si é chiuso con la testimonianza diretta di due donatrici. Alla domanda -Perché avete deciso di donare?-  La risposta è unanime: ‹‹Non c’è felicità più grande che donare a chi ha bisogno››.