Home Cultura Speciale Alberto Sordi: storia di un italiano “quasi” simpatico (gli anni Cinquanta)

Speciale Alberto Sordi: storia di un italiano “quasi” simpatico (gli anni Cinquanta)

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Speciale Alberto Sordi: storia di un italiano “quasi” simpatico (gli anni Cinquanta)

La testata Zerottonove propone uno speciale su Alberto Sordi, attore (e regista) che ha segnato le pagine del cinema italiano, in occasione dei dieci anni dalla sua morte, avvenuta nel febbraio del 2003. Questo percorso, che si svilupperà all’interno della sua lunghissima filmografia e carriera artistica, si soffermerà sulla “commedia all’italiana”, momento in cui raggiunge la sua piena maturità. Sarà opportuno arricchire l’analisi attraverso una sintesi degli anni precedenti e successivi al genere della commedia (i ’50 e i ’70), per comprendere come nasce e come evolve il “personaggio Sordi” e cosa rimane dalla sua esperienza degli anni ’60. In questo primo articolo, si intende focalizzare l’attenzione sugli anni ’50, quando cominciano a delinearsi le caratteristiche peculiari di Sordi, già avvezzo al cinema dagli anni ’40, attraverso pochi, ma significativi film. Seguiranno due articoli dedicati al viaggio nella commedia all’italiana e infine gli anni ’70, quando l’individualismo dell’italiano tingerà le pellicole di ombre e disincanto.

Ci possono essere vari modi per introdurre o ricordare l’inimitabile Alberto Sordi, uno dei quali è la popolare scena in Ecce Bombo (1978), quando Nanni Moretti recita, aggredendo un uomo al bar: “Ma cosa pensi, che siamo in un film di Alberto Sordi?! Rossi e neri siamo la stessa cosa! … te lo sei meritato Alberto Sordi, te lo sei meritato Alberto Sordi!”.

Ma chi è davvero Alberto Sordi e cosa rappresenta per noi italiani? Un attore, prima di tutto. Appartiene a quel gruppo di attori che interpretano “la vita” nel vero senso della parola. Anna MagnaniMarcello MastroianniAldo FabriziUgo TognazziVittorio Gassman, Stefania SandrelliSophia Loren: ognuno di loro porta se stesso (quasi completamente) nello schermo. Alberto Sordi è lo stesso anche fuori dal film, dalla radio, dallo sketch, perché siamo in quella fase  in cui la sua arte corrisponde con la vita, e “deve” farlo. Pensare a Sordi significa sorridere, diventare a tratti nostalgici, autocritici, amarsi e poi prendere le distanze da noi stessi.

La commedia all’italiana (1958-1964) è di certo il momento di maggiore espressività artistica di “Albertone”. È il cinema italiano di quegli anni che crea un contesto favorevole in cui sperimentare, migliorarsi e spiccare il volo. In questa prima fase la recitazione di Sordi è ancora farsesca, eccessiva, legata ai tempi della radio e del teatro. Il suo corpo è aperto, irruento, è come quello di un danzatore che vuole manifestare tutto il suo estro e movimento interiore. Frenetico, invade la scena e la domina, e lo fa come un giocoliere, giocando tutte le sue carte per arrivare ad un pubblico che vuole, prima di tutto, ridere e poi riflettere, e con Sordi per fortuna si può riflettere anche con il meccanismo del comico.

La grande popolarità di Sordi arriva già negli anni ’50, con film come I vitelloni (Federico Fellini, 1953); il “bamboccione” nullafacente, che trascorre le sue giornate con gli amici a divertirsi, si disperde di notte nella città, mentre a casa lo attende una mamma troppo premurosa e comprensiva. Il film, dal tono triste (anche grazie al commento musicale di Nino Rota), tratteggia la solitudine e la precarietà della gioventù in una piccola cittadina emiliana, in cui Alberto (Alberto Sordi) è il personaggio meno predisposto al cambiamento, ancorato alla sua routine tanto noiosa quanto rassicurante.

Sordi diventa poi simbolo della commedia con Un americano a Roma (Steno, 1954), quando interpreta il giovane italiano “lamentone” imbevuto di slogan americani e dall’identità contraddittoria. In L’arte di arrangiarsi (Luigi Zampa, 1955) è il classico opportunista,  capace di indossare gli abiti di diversi ideali politici e di adattarsi ad ogni situazione possibile, pur di elevare il suo stato sociale, nascondendosi dietro la maschera del galantuomo.

Nello stesso anno è Alberto in Un eroe dei nostri tempi (Mario Monicelli, 1955), antitesi del personaggio precedente. Vuole essere un italiano esemplare, che parla di diritti, segue le leggi, è disposto a fare i nomi di chi sbaglia: è il conformista per eccellenza, intrappolato nella sua morale. Il suo comportamento da cittadino “perfetto” lo rende però isterico, impaurito, e per la sua pretesa di essere onesto e leale, è incastrato dalle sue stesse paure. Questa tendenza alla bipolarità accompagnerà Sordi in diversi personaggi. L’italiano è buono o cattivo? Ruba o guarda rubare? Subisce o sovrasta? La sua “testimonianza” ci mostra la terribile dialettica del sistema italiano, in cui a volte si è artefici del proprio destino e altre volte se ne esce perdenti: il bisogno di ribellarsi e la sconfitta personale sono due linee che dovranno incontrarsi e fare i conti con la realtà.

Significativa la scena finale del film in questione, quando Sordi esce dal commissariato e si rivolge alla zia e alla domestica: “E’ colpa vostra se sono ridotto così! E’ questa la maniera di educare un ragazzo?! Guarda dove metti i piedi! Metti la maglia di lana! Guardati dagli amici! Non ti fidare! Sii prudente! … ma sapete cosa mi ha detto il commissario?!? Sia imprudente, si butti nella vita!! […] e adesso voi due diavole, ditemi dove posso andare?! Dove lo trovo un posto sicuro?!”, la zia gli chiede: “E’ un posto tranquillo quello?” intendendo la polizia. Le insicurezze di Alberto, che si arruolerà, derivano dal nucleo familiare; è una società, quella italiana, che si basa sull’instabilità.

Gli anni ’50 rappresentano per Sordi la “palestra” per la commedia degli anni ’60: la crisi d’identità, il bisogno di emergere in una società nuova, post guerra e piena di controsensi: il giusto ai margini, chi si adatta sopravvive. La corruzione, che non coinvolge soltanto i politici e i potenti, ma ha ormai contaminato il buonsenso. Una cultura chiusa, bigotta, che lavora molto dietro alle quinte per poi mostrare una facciata brillante. L’Italia è un aggregato di persone che non sanno riconoscersi parte di un paese, sentono sulla propria pelle il vuoto tra il feudalesimo e l’unificazione, tra la monarchia e la repubblica, tra il regime fascista e la resistenza, tra i valori tradizionali e il boom economico. Alberto Sordi è il sunto tragicomico della nostra storia politica e sociale, che esploderà nella commedia all’italiana.

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