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Sfruttamento di 300 badanti: arrestata imprenditrice originaria del Cilento

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Sfruttamento di 300 badanti: arrestata imprenditrice originaria del Cilento

Arrestata nel Bolognese un’imprenditrice originaria di Trentinara, nel Cilento, per sfruttamento di oltre 300 badanti provenienti dall’Est Europa

La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Bologna ha eseguito, su disposizione del GIP, Dott. Domenico Truppa, un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di una donna, le cui iniziali sono F.F., residente a San Lazzaro di Savena (BO) ma originaria di Trentinara, nel Cilento, amministratrice di alcune cooperative e società che offrivano servizi di assistenza diurna e notturna a favore di anziani e malati, in quanto ritenuta responsabile di aver gestito in condizioni di sfruttamento, nel corso degli anni, oltre 300 badanti provenienti dall’Est Europa.

Le indagini -secondo quanto riportato da infoCilento.it- sono scaturite da alcuni controlli effettuati dall’INPS di Bologna nei confronti delle società, riconducibili all’imprenditrice cilentana, che avevano fatto emergere numerose irregolarità alla normativa che regola i rapporti di lavoro.

Dai successivi approfondimenti investigativi è emerso che la donna offrisse contratti a progetto per mascherare rapporti di lavoro subordinato, corrispondendo compensi irrisori senza la possibilità di fruire ferie, e senza alcun rispetto delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Le badanti venivano reclutate attraverso annunci su internet oppure con manifesti pubblicitari affissi nei pressi delle fermate da cui partono gli autobus per l’Est Europa o annunci sui giornali.

La donna inoltre ometteva di versare, in numerose circostanze, i contributi spettanti ai dipendenti, rendendosi anche responsabile di gravi violazioni alla normativa fiscale e previdenziale, oltre a riuscire a conquistare ampie quote di mercato dal momento che, grazie ai risparmi illeciti ottenuti a danno dei lavoratori e dell’erario, riusciva ad offrire i propri servizi a prezzi molto più bassi della concorrenza.

I conti correnti delle società cooperative –che formalmente avrebbero dovuto perseguire scopi mutualistici a beneficio di tutti i lavoratori – sono stati prosciugati dall’imprenditrice anche per acquistare numerosi beni di lusso (gioielli, borse e viaggi) non rientranti dunque tra le esigenze funzionali delle società.