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Se il consumo non gratifica

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Se il consumo non gratifica

Dal secondo dopoguerra la nostra è diventata la società del benessere, con relativo aumento della ricchezza e delle disponibilità di spesa. Parallelamente si è verificata un’ impennata nella produzione e distribuzione di beni su larga scala. L’ avvento dei supermercati, che hanno soppiantato le piccole attività  commerciali, ha fatto il resto.

Tutti questi fattori hanno contribuito all’abbassamento dei prezzi e a una maggiore possibilità di acquistare beni. Così gli occidentali hanno apprezzato la nuova tendenza e si sono compiaciuti di questa abbondanza. Acquistare beni vuol dire testimoniare l’appartenenza a un gruppo sociale, possedere una determinata identità, ricoprire un certo ruolo nella società e ci fa sentire gratificati, attuali, aggiornati.

La promessa di gratificazione che cerchiamo al momento dell’ acquisto viene presto disattesa: in alcuni casi la tecnologia dei nostri beni diventa immmediatamente obsoleta, ma soprattutto ciò che abbiamo tanto desiderato si svuota presto del significato che gli avevamo attribuito. Si tratta di un meccanismo irrazionale, basato sull’ alternanza illusione/disillusione, ma è un meccanismo che viene continuamente alimentato. Siamo come dei bambini che si lasciano andare a un capriccio cui non vogliono rinunciare, pena un profondo senso di inadeguatezza.  L’ educazione al consumo è una pratica molto importante  che andrebbe promossa tanto tra gli adulti, quanto nelle scuole, pur esssendo sottovalutata.

Negli Usa la pubblicità si trova anche a scuola, diffusa dalle aziende che vogliono influenzare i giovani con i propri marchi. In Italia un trend simile non c’ è, ma la pubblicità comincia ad apparire e proliferare  in luoghi impensabili come gli ospedali. Bambini e adolescenti compongono la fascia più influenzabile della società. I ragazzi riconoscono le marche, in questo influenzano la famiglia intera nella scelta dei consumi. D’ altro canto l’ approccio critico al consumo non viene preso troppo in considerazione dai genitori, che di conseguenza non trasmettono ai propri figli questo tipo di educazione.