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Scafati Arancione chiede le dimissioni di Monica Paolino

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Scafati Arancione chiede le dimissioni di Monica Paolino

Il gruppo Scafati Arancione chiede le dimissioni di Monica Paolino da consigliera regionale, per quanto dichiarato circa la gestione, da parte della Magistratura, del caso degli arresti domiciliari del marito ed ex Sindaco, Pasquale Aliberti

Precisa la richiesta del gruppo Scafati Arancione che, a distanza di qualche giorno dai retroscena resi noti, vuole porre una riflessione su quanto accaduto a un rappresentante delle istituzioni.

Il gruppo, nonostante si dica comprendere lo stato d’animo di Monica Paolino, ne chiede le dimissioni immediate da consigliera regionale per le gravi parole proferite ed emerse nelle intercettazioni che compongono l’ultima ordinanza di arresto nei confronti del marito, l’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti.

“Se il comunicato della Dottoressa Paolino si fosse fermato all’ammissione di colpa e al “restiamo umani” si sarebbe potuto, forse, commentare in maniera diversa quanto letto sui giornali. Tuttavia, il tono della replica ha confermato, ancora una volta, un mancato rispetto delle istituzioni e della magistratura. Quando la Dottoressa Paolino parla di gestione sbagliata della vicenda, tirando in ballo anche la Giustizia, non è precisa”, spiegano gli attivisti di “Scafati Arancione”.

Gli stessi sottolineano che la Dottoressa Paolino, in un post pubblicato sul suo profilo Facebook, si riferisce all’intera questione, partita il 18 settembre 2015 e culminata con l’arresto in carcere del marito il 24 gennaio scorso. Dopo l’uscita dal carcere e il trasferimento in un appartamento nella località abruzzese di Roccaraso, la Cassazione respinge l’istanza della Procura e concede ad Aliberti di non indossare il braccialetto elettronico. Al contempo, la Magistratura permette ai genitori di vivere con lui e, in alcuni momenti, di vedere moglie e figli.

“Quello che non capiamo del messaggio della Paolino è quando dice che la magistratura ha sbagliato nella gestione del caso. Chi ha avallato una simulazione di tentato suicidio? Chi ha spiegato a una conoscente che era solo un modo per rientrare a casa ed era tutto programmato? Chi ha parlato di nuovi telefoni e di schede Sim mai usate per comunicare? Non di certo la Giustizia e i suoi rappresentanti. Su tutto questo non c’è comprensione che tenga”.

Continuano: “Chi avalla la simulazione di un tentato suicidio commette un reato. Reato ancor più grave se a farlo è una rappresentante delle istituzioni, che invece dovrebbe dare l’esempio ai giovani. Inutile il riferimento alle mancate conversazioni sulla camorra, che ha un proprio peso specifico nell’attività d’indagine, ma che in relazione all’ultima ordinanza è relativo perché si parla del dramma di un uomo.

Ha ragione la Paolino: restiamo umani e si abbia fiducia sempre nella magistratura. Non solo quando ci dà ragione. Ha gestito male la situazione, è andata così. Ora il buon esempio sarebbe dare le dimissioni. Nella vita reale sarebbe il primo passo verso il buonsenso. Al netto dei cortigiani che continuano a difendere l’indifendibile”, concludono.