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Salerno: terza città d’Italia dove si pagano più tasse

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Salerno: terza città d’Italia dove si pagano più tasse
Immagine da Google Maps

Salerno al terzo posto nella classifica delle città italiane dove si pagano più tasse: il report dei sindacati

Salerno è la terza città d’Italia dove si pagano più tasse: è questo quanto emerge dal report dei sindacati. A riportare la notizia è il sito web salernotoday.it.

Reggio Calabria è invece il comune d’Italia dove si pagano più tasse con servizi inefficienti. “Solo i fondi per il Recovery Fund -si legge in una nota congiunta dei segretari generali provinciali di Cgil, Cisl e Uil- possono accorciare il gap”.

“Un’altra analisi disastrosa – è detto nella nota – per Reggio Calabria. Uno studio dell’Istituto Eurispes certifica che a Reggio Calabria una famiglia media è costretta a pagare l’ammontare complessivo di Irpef, Tasi, bollo auto, Tari e addizionali comunali e regionali all’Irpef per un totale annuo di 7.684 euro.”

Al comune di Reggio Calabria seguono quello di Napoli (7.658 euro l’anno) e quello di Salerno (7.648 euro l’anno). Le città italiane le cui famiglie pagano meno tasse si trovano invece soprattutto al Nord-Est.

Confrontando Reggio Emilia e Reggio Calabria emergono delle significative differenze come si evince da un apposito report intitolato “Una Reggio non vale l’altra – La Calabria tra rappresentazione e realtà” dell’Agosto 2020.

La città emiliana, gode di molti più servizi e le è riconosciuto un fabbisogno standard di 139 milioni d’euro, mentre a Reggio Calabria, con meno servizi, di 104 milioni. Vale a dire, 35 milioni in meno, nonostante la stessa abbia 9mila abitanti in più (la prima ne ha 171mila e la seconda 180mila). Come spesa per la cultura, a Reggio Emilia sono riconosciuti 21 milioni di euro e a Reggio Calabria solo 4.

“Per l’istruzione, alla prima – riporta ancora la nota – sono concessi 28 milioni e alla seconda 9. Riguardo l’edilizia abitativa, alla prima delle due città sono elargiti 54 milioni e alla seconda 8 appena. Per le politiche sociali (disabili inclusi), a Reggio Emilia sono riconosciuti circa 40 milioni e a Reggio Calabria 17. Presso la prima vi sono poi 60 asili pubblici, mentre nella seconda solo 3, peraltro realizzati e mantenuti non da finanziamenti dello Stato ma comunitari. E in particolare, per gli asili nido, Reggio Calabria riceve 59 euro pro capite l’anno, mentre Reggio Emilia 2.400 euro pro capite (contribuendo, peraltro, come evidenziato dalla Svimez, all’aumento della disoccupazione femminile; al Sud del 20%: più che doppia rispetto al Centro-Nord e quasi tripla rispetto alla media europea). Un dato drammatico questo, se si pensa che tra le due città c’è una differenza talmente sostanziale, da pensare di essere nel cuore di una questione meridionale mai risolta, dal post unità d’Italia ad oggi”.

“Tramite le risorse del Recovery Fund, si deve cercare -sostengono i sindacati- di rimettere in moto gli investimenti per far smovere il tessuto economico orami tramortito da pandemia e immobilismo amministrativo. Welfare, turismo, infrastrutture, mobilità urbana, partecipazione e formazione al lavoro, commercio ed enogastronomia. Occorre puntare ai pilastri dell’amministrazione locale. Ma non con progetti sterili e che non intercetterebbero il ‘paniere’ per il Recovery ma una reale attività partecipativa da parte del territorio della Città metropolitana e di tutti gli attori sociali che hanno il dovere di intervenire. Pronti, come sempre, a fare la nostra parte per una cabina di regia di fondi, idee e programmazione, per le sfide del futuro, per un territorio metropolitano che ha l’assoluto bisogno di efficientare servizi e apparato burocratico”.