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Riciclando la luce: disinformazione e smaltimenti impropri

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Riciclando la luce: disinformazione e smaltimenti impropri

Come prevede la normativa europea, da Settembre 2012 sono stati messi al bando i “vecchi bulbi” nati fra le mani di Edison, e ora si apre l’epoca delle lampade a risparmio energetico con diverse tecnologie a fluorescenza o ultimissimi led. Un passo da gigante nella direzione dell’ efficienza per i beni di largo consumo. Ma pone con maggior urgenza la necessità di smaltire i nuovi dispositivi luminosi, che contengono non poche sostanze nocive per la salute e l’ ambiente.

Fonte: Web

Le lampade a fluorescenza, una volta esaurite, diventano un rifiuto pericoloso perché, oltre a materie riciclabili come plastica e vetro, possono contenere fino a 5 mg di mercurio (che, anche se limitati, rimangono comunque tossici e nocivi). Anche i led, diffusissimi nelle abitazioni, fra circuito elettrico e siliceo (nella parte luminescente) contengono sostanze come piombo e arsenico, materiali fortemente dannosi.

Come prendere precauzioni? Tutti i dispositivi luminosi esauriti, cosi come tutti gli apparecchi elettronici guasti, vanno consegnati all’isola ecologica del proprio Comune oppure restituiti al negoziante nel momento in cui si acquista un nuovo apparecchio. A questo scopo, nel prezzo è compreso anche un contributo di 26 cents nel caso delle lampadine con maggior quantità di metalli pesanti, e 14 centesimi per quelle più ecologiche immesse sul mercato di recente,  che “servirebbe” a garantire il corretto smaltimento.

Il decreto n° 65 del 2010 prevede il ritiro delle apparecchiature esaurite da parte piccole e grandi attività commerciali, il cosiddetto “scambio”. Ma non sempre, quando si acquista materiale Hi-Tec, i vecchi dispositivi vengono ritirati senza problemi dal venditore (perché spesso la normativa viene elusa). Si nota che in numerosissimi punti vendita i contenitori per consegnare le lampadine sono una rarità, e quindi di gran lunga insufficienti allo smaltimento delle sole lampadine, che rappresentano l’80% dei RAEE – ovvero  “Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche”.

Fonte: Web

Inoltre i commessi sono del tutto all’oscuro della normativa, e la strada verso la corretta gestione del ciclo di vita dei tubi fluorescenti è ancora lunga. Addirittura, alcuni negozianti chiedono un rimborso per svolgere una funzione prevista dalla legge, e per la quale in cliente ha già pagato una quota sul prezzo d’ acquisto. Ma sul versante opposto le cose non procedono meglio: i cittadini sono poco informati circa la possibilità di restituire alla cassa le apparecchiature dismesse, molti continuano a smaltire i tubi fluorescenti insieme al vetro o nell’indifferenziato.

Se le reti di distribuzione sembrano l’ anello più debole, i consorzi di raccolta, smaltimento e riciclo rappresentano quello più efficiente, mentre le Amministrazioni locali, vessate dalla ristrettezza delle risorse, faticano a mettere in piedi una fitta rete di centri per la raccolta. Solo alcune aree italiane offrono un buon servizio da questo punto di vista, soprattutto se facciamo il confronto con i  parametri di alcuni Paesi europei, come il Belgio e la Francia. Il sistema è debole nelle fondamenta, anche perché le isole ecologiche di solito accolgono  soltanto le consegne da parte dei singoli cittadini e spesso respingono quello delle imprese e dei negozianti.

Contro gli investimenti che anche l’Ue ha stanziato per sostenere la normativa europea (e ai progetti che gli stessi consorzi mettono in campo per irrobustire la rete), il 4 Luglio scorso l’Europarlamento ha approvato una direttiva – da recepire entro il 2014 – secondo la quale il tasso di raccolta dei RAEE dovrà salire al 45% della produzione nel 2016. Ma le ragioni che dovrebbero spingere il nostro Paese a compiere il salto di qualità vanno al di là degli obblighi imposti dalla normativa, e dovrebbero essere invece  finalizzate al raggiungimento di un ambiente più sano e più ecologico.