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Il Museo Abbaziale di Montevergine

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Il Museo Abbaziale di Montevergine

Riapre al pubblico il Museo Abbaziale di Montevergine, pregevole testimonianza artistica della plurisecolare storia dei Benedettini di Montevergine

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Riapre al pubblico il Museo del complesso dell’Abbazia di Montevergine, uno dei tanti complessi monumentali italiani, ma certamente un grande attrattore del turismo culturale e religioso per la Campania e l’Irpinia in particolare, capace di movimentare un flusso di circa mezzo milione di pellegrini e turisti all’anno, essenzialmente nel periodo Aprile-Ottobre.

Santuario Abbazia di Montevergine
           (Santuario Abbazia di                             Montevergine)

La storia di questo Museo è di antica data. Già duecentocinquant’anni fa, nel 1764, l’Abate Matteo Jacuzio raccoglieva infatti e disponeva, in un corridoio sito presso la portineria e il cosiddetto “Chiostro dei Corvi”, un certo numero di marmi, in prevalenza d’Età Classica o Medioevale, corredandone la sistemazione con un’Epigrafe che ne celebrava il recupero e l’allestimento. Da questa stessa Epigrafe comprendiamo come in realtà i marmi antichi riuniti ed esposti dall’Abate fossero in realtà già prima del 1764 presenti e conservati all’interno degli ambienti dell’Abbazia. Tuttavia, nella sua opera più nota, il Brevilogio della cronica ed istoria dell’insigne santuario reale di Montevergine, stampata a Napoli nel 1777, l’Abate ricorda come i marmi medioevali da lui aggiunti a quelli antichi nel suo “museo” fossero pervenuti nel Chiostro a seguito delle trasformazioni interne dell’Abbazia in Età Barocca. Il museo di Montevergine rimaneva dunque, in quegli anni, a tutti gli effetti ed esclusivamente un lapidario. Il progetto di riunire assieme marmi e dipinti, ma anche argenti e gioielli, documenti d’archivio, ex-voto, arazzi, paramenti, sculture e intagli lignei, risale invece al secondo dopoguerra, e più precisamente ai tardi anni cinquanta del ‘900, sotto il “governo” dell’Abate Tranfaglia e con la determinante collaborazione della Soprintendenza alle Gallerie della Campania, allora diretta (e sino al dicembre del 1960) da Bruno Molajoli. Se ne prevedeva inizialmente l’apertura nel settembre del 1967, ma l’inaugurazione – presenti l’abate Tranfaglia, l’allora Soprintendente alle Gallerie della Campania Raffaello Causa e il Prof. Bruno Molajoli, Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, in rappresentanza del Ministro della Pubblica Istruzione – fu poi rimandata al 21 settembre dell’anno successivo, il 1968. Il risultato è ben descritto dal padre Mongelli nella sua Guida storico-artistica del santuario di Montevergine del 1969: con i sepolcri di Cassiodoro Simeoni, di Andrea de Candida, di Bertrand de Lautrec, il sarcofago romano di Minio Proculo, il lavabo seicentesco della sacrestia e la statua di Santa Rosalia posti nell’ingresso dal lato del Chiostro; una prima sala “dei pezzi archeologici” con i frammenti d’Età Classica e quelli d’Età Medioevale, fra i quali i capitelli a stampella e i frammenti degli amboni duecenteschi; una “sala grande” con tutti i dipinti – dalla Madonna di San Guglielmo e l’ex-voto di Margherita di Savoia alle tele sei-settecentesche –, ma anche il Seggio Abbaziale ed il Cristo in legno, i sepolcri dei Lagonissa e una vetrina di argenti e gioielli; e infine una terza sala più piccola, attrezzata con vetrine contenenti paramenti sacri, oreficerie e documenti. Nel 1998 questo stesso museo, caratterizzato da un impianto allestitivo tradizionale di tipo didattico-scientifico, con le opere disposte in ordine cronologico o divise per tecniche e materiali, è stato [poi] restaurato, adeguato alle norme di sicurezza e riallestito su progetto dell’allora Soprintendenza ai BAPPSAE delle province di Salerno e Avellino nel corso dei lavori per il Giubileo del 2000. Sono state abbattute, per quanto possibile trattandosi di un monumento storico, le barriere architettoniche, con l’accessibilità del luogo mediante l’impianto di un ascensore, l’eliminazione di porte e gradini, un adeguato sistema di illuminazione con strutture espositive ignifughe, antisfondamento, climatizzate, protette da sistemi di allarme ed illuminate da luci fredde. Sono stati inoltre restaurati in loco tutti i manufatti lapidei e, negli anni a seguire, anche quindici dipinti, tra cui le tele di Domenico Antonio Vaccaro raffiguranti episodi della vita di S. Guglielmo da Vercelli, fondatore dell’Abbazia, che sono andati ad arricchire la Pinacoteca del museo.

Sala delle Icone
               (Sala delle Icone)

L’esposizione si articola attraverso una serie di ambienti disposti su due piani, per una superficie di ca. 1000 mq aperti al pubblico. Nella prima sala (“Sala delle Icone”) sono in esposizione preziosissime icone sacre raffiguranti la Vergine Theotòkos, la Madre di Dio con il Bambino. La collezione, donata alla Comunità dei Benedettini di Montevergine da Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo Emerito Metropolita di Foggia-Bovino, è composta da veri gioielli di arte e fede datati tra il XVII e il XIX secolo, in gran parte provenienti dalla Russia ma anche dalla Grecia e dall’area dei Balcani.

Seggio abbaziale
               (Seggio abbaziale)

Il percorso prosegue, al piano superiore, con la “Sala Medievale” in cui sono esposti splendide tavole medievali, come l’ex-voto di Margherita di Savoia (sec. XV), ma soprattutto la Madonna del Latte (sec. XII), meglio nota come “Madonna di San Guglielmo”, prima icona venerata nel Santuario. Completano la sala due autentici capolavori di arte lignea: il monumentale Cristo deposto (sec. XIII) e la spettacolare Cattedra (sec. XII-XIII).

Pinacoteca
                     (Pinacoteca)

Ricca di fascino è, nel suo insieme, la “Pinacoteca” dove sono esposti dipinti tra i quali si segnalano il San Francesco in estasi (attribuito a Guido Reni), Il perdono di Giuseppe (della scuola di Paolo Veronese), ed una serie di quadri, con diversi soggetti, i cui autori sono tra i maggiori esponenti del “Barocco Napoletano”, quali Luca Giordano, Mattia Preti, Pacecco De Rosa ed Andrea Vaccaro. Particolarmente interessante è il dipinto Salomè con la testa del Battista (copia da Caravaggio), attribuita a Battistello Caracciolo e le quattro tele del pittore Domenico Antonio Vaccaro raffiguranti episodi della vita di San Guglielmo.

Arredo Liturgico
               (Arredo Liturgico)

Negli ambienti successivi sono esposti paramenti sacri ed oggetti di genere liturgico. Di notevole interesse sono la croce astile (sec. XV) ed i calici di manifattura siciliana e napoletana, oltre quelli appartenuti ai pontefici quali Leone XIII e S. Pio X. A completare la sezione vi sono gli ostensori, reliquiari, incensieri e navicelle, ma soprattutto gli ornamenti ed i gioielli della Madonna di Montevergine: un autentico tesoro di altissimo valore, frutto di donazioni importanti nel corso dei secoli. La tavola della Madonna di Montevergine era infatti arricchita da simili manufatti fino al 1960, anno in cui l’icona fu sottoposta a restauro e quindi privata dei suoi beni preziosi.

Sarcofago strigilato con rilievi decorativi
(Sarcofago strigilato con rilievi     decorativi)

La “Sezione Lapidei” presenta, invece, reperti di epoca romana (sec. II-III), e una serie di sculture. Splendidamente conservato è il Sarcofago strigilato con rilievi decorativi, di imponenti dimensioni, ricavato in un unico blocco di marmo e presenta una decorazione caratterizzata da due serie di strigilature, ossia incavi ondulati e paralleli separati da listelli ricurvi, convergenti al centro.

Info:

http://www.santuariodimontevergine.com/museo-abbaziale-di-montevergine/

Orario

lun.-ven.: 9.00-12.00

sab.-dom.: 9.00-13.00 / 15.00-18.00

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