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Baronissi, sabato l’inaugurazione de “Una Vertigine Soggettiva”

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Baronissi, sabato l’inaugurazione de “Una Vertigine Soggettiva”

Sarà inaugurata il prossimo sabato al Museo Frac di Baronissi la mostra “Una Vertigine Soggettiva” a cura di Massimo Bignardi

Sabato 16 dicembre, alle ore 18:30, sarà inaugurata la mostra Una Vertigine Soggettiva – Aspetti dell’arte a Napoli tra pittura e oggetto (1960-1967).

Si tratta di un allestimento che, attraverso le opere di alcuni tra i principali artisti di quella stagione, focalizza l’attenzione sul dibattito artistico napoletano nella prima metà degli anni sessanta.

Curata da Massimo Bignardi, direttore del Fondo Regionale d’Arte Contemporanea di Baronissi, la mostra è stata realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze storiche e dei Beni culturali dell’Università di Siena e con il patrocinio della Regione Campania.

Il percorso espositivo include le opere di Renato Barisani, Guido Biasi, Enrico Bugli, Lucio Del Pezzo, Giuseppe Desiato, Gerardo Di Fiore, Baldo Diodato, Rosaria Matarese, Rosa Panaro, Mario Persico, Tony Stefanucci e Antonio Venditti.

Al visitatore sarà proposta una lettura dell’esplosiva situazione alimentata dal confronto che gli artisti napoletani, attivi già negli anni cinquanta unitamente ai giovani comparsi sulla scena espositiva dei sessanta, apriranno con la scena artistica nazionale ed europea.

“Questa mostra è un ulteriore contributo – evidenzia il sindaco di Baronissi Gianfranco Valiante – che il FRaC dà alla conoscenza di momenti, di personalità, di gruppi, di esperienze che hanno segnato la storia della nostra regione”

E ancora: “L’attenzione che da tempo caratterizza la linea culturale di studio, valorizzazione e promozione dell’arte contemporanea portata avanti dal FRaC, trova un riscontro con il significativo incremento di pubblico registrato in questi ultimi anni. Guardare alla propria storia senza, però, cedere a campanilismi, bensì comprendere attraverso essa la propria identità culturale”.

La ricostruzione storico critica inquadra la scena artistica dagli inizi del decennio sessanta: una realtà posta sotto la vigile presenza di Renato Barisani e Antonio Venditti al tempo docenti presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, di Guido Biasi, Mario Persico, Lucio Del Pezzo e LUCA (all’anagrafe Luigi Castellano) tra gli artefici del Gruppo 58 e di “Documento Sud” la prima grande e significativa rivista d’arte che dialogava con le neoavanguardie europee e statunitensi.

Una realtà che nel giro di pochi anni vede accrescere le proprie fila con la presenza di giovani artisti che ruotavano intorno alla rivista “Linea Sud”.

Tra questi: Enrico Bugli, Giuseppe Desiato, Baldo Diodato, Rosaria Matarese, Salvatore Paladino, unitamente ad alcuni scultori, come Gerardo Di Fiore e Rosa Panaro che orientarono l’attenzione verso una materia esistenziale, attinta dalla scena quotidiana con prospettive vicine al nuovo realismo avanzato negli stessi anni dagli artisti del Nouveau Réalisme e della compagine dei new dadaisti newyorkesi.

È lo stesso oggetto, lo stesso senso di ‘realtà’ che Tony Stefanucci, al tempo scenografo del Teatro Mercadante, porterà in scena tra il 1962 e il 1963.

Momento questo di intenso dibattito che, rileva Bignardi nel saggio introduttivo al catalogo, “spinge i giovani artisti napoletani a guardare maggiormente al proprio patrimonio antropologico e formulare quello che Sanguineti definisce “risemantizzazione del reale”: l’impianto pittorico inizia così ad ospitare oggetti, tracciati, segni di un’imagerie urbana, ridefinendo, in senso di risarcimento iconico, un nuovo rapporto tra l’esperienza creativa, intesa come evento epifanico della realtà e la realtà oggettiva del mondo.

Riprendono l’energia ereditata dalla generazione precedente, per evidenziare maggiormente il senso di paradosso che agita la cultura artistica ufficiale.

Una “vertigine soggettiva” diviene metafora di quel movimento di idee, di slanci, di aperture con il dibattito internazionale, cioè di un’energia centrifuga che s’imbatte, però, nell’atavico perdurare di una società ferma, così come lo era la cultura storico-artistica accademica, il collezionismo, l’informazione”.

La mostra resterà aperta fino al 4 marzo 2018.