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Montervino, nè vittima nè carnefice

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Montervino, nè vittima nè carnefice

Tiene banco la questione Montervino. Dopo la partita di Aversa, il gol, l’esultanza, gli scontri, l’espulsione. Sei giornate di squalifica ed è notizia di ieri, i 2 anni di Daspo inflitti al capitano granata. Addirittura, aggiungiamo noi. Che Montervino abbia sbagliato, per carità, non c’è nessun bisogno di discuterlo. Tralasciando l’esperienza calcistica e l’età. È piuttosto semplice. Il calciatore insultato pesantemente fin dal riscaldamento, dopo il suo gol ha ben pensato di sfogarsi contro quei tifosi che l’avevano pungolato. La sua “esultanza”, a detta del referto ha provocato gli scontri tra le due tifoserie, nulla di più falso, giurano i tifosi granata in trasferta, ma tant’è, il calciatore tarantino è diventato un caso.

“Si tratta di una pena più afflittiva dal punto di vista morale che sostanziale. Posso intuire il rammarico di chi la riceve, ma abbiamo adottato soluzioni tecniche di rispetto della professionalità e di tutela del diritto al lavoro. C’è stato un momento di follia: Montervino si è reso protagonista di una reazione spropositata e inconsulta che ha scatenato il putiferio e la reazione dei tifosi. Tant’è che ci sono state altre conseguenze. Montervino col suo atteggiamento ha contribuito in maniera evidente ad esasperare gli animi”. Queste le parole del Questore di Caserta Gualtieri che ha proferito la sentenza.

Non bisogna nascondersi dietro un dito. Montervino paga giustamente, perché tollerare in campo quello che è giustificato sugli spalti, a torto probabilmente, è la prima regola di un professionista. Ma definire la sentenza politica e anche pilotata non è certo una bestemmia. La presenza sugli spalti domenica scorsa ad Aversa di Ghirelli, Direttore Generale della Lega Pro, siamo certi, ha condizionato la vicenda. Non erano state per niente dolci le parole del dirigente verso il calciatore della Salernitana.

Vogliamo ricordare, senza polemizzare, l’esultanza di Cannavaro all’Arechi in gol con il Parma, la maglietta di Totti e il dito medio di Di Canio nel derby, l’indice sulla bocca di Batistuta rivolto a tutti gli spettatori del Camp Nou ( non l’ Augusto Bisceglia, per carità…) e ultimo in ordine di avvenimento, la scalciata di Hazard ad un raccattapalle.

Ecco, doveva essere questo materiale per il Daspo? A questo punto, quale deve essere la linea da seguire? E soprattutto dove si fermano le responsabilità di un calciatore? ( come ha giustamente affermato Damiano Tommasi, Presidente dell’Associazione italiana calciatori).  Se un’esultanza scomposta provoca degli scontri allora un coro dei tifosi può provocare un’espulsione? Forse il vero esempio è che può bastare la giustizia sportiva a condannare gli atteggiamenti gravi degli atleti in campo.