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La Poetica di Aristotele e il primato dell’azione

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La Poetica di Aristotele e il primato dell’azione

La Poetica di Aristotele, nel corso dei secoli, è stata oggetto di innumerevoli interpretazioni, non solo da parte di filosofi; uno degli elementi fondamentali della trattazione è, però, l’azione che obbliga a collocare l’opera sul confine tutto filosofico tra etica ed estetica

[ads2]Ne Il nome della rosa Umberto Eco ne fece il perno intorno al quale ruotavano diversi efferati delitti in un convento, e se di fatto sul perduto secondo libro della Poetica, la presunta quanto celebre trattazione intorno alla commedia, sulla quale lo scrittore contemporaneo ha costruito il suo romanzo, si può dire poco, ben altro discorso va fatto per quanto invece ci è effettivamente giunto dell’opera di Aristotele.

Se si dicaristotelee Poetica aristotelica si pensa subito alla tragedia, a quell’irripetibile opera dello spirito greco che doveva condurre lo spettatore alla catarsi mediante eleos kai phobos, ma si pensa anche a quella interpretazione normativa dell’opera che tanto successo ha avuto nei secoli. Verosimiglianza, unità di tempo, luogo e azione, divisione in cinque parti della tragedia sono noti parametri che da descrizioni, quali erano in Aristotele, sono diventati in seguito norma.

Che il grande filosofo stagirita avesse un’idea abbastanza precisa di quali dovessero essere gli ingredienti imprescindibili per comporre una buona tragedia è fuori di dubbio, tuttavia forse la Poetica presenta al lettore delle norme ben più profonde di quelle relative alle semplici divisioni esteriori o all’unità.
Partiamo dal presupposto che “La tragedia deve essere imitazione di casi che destano terrore e pietà”; quali siano questi casi e perché il tragediografo greco, secondo Aristotele, debba ricorrere proprio a essi è cosa che ora si tenterà di chiarire.

La parte della Poetica dedicata alla descrizione dei personaggi e delle loro azioni inizia con l’esclusione di alcuni casi: quelli di uomini dabbene che passino dalla fortuna alla sfortuna, quelli di uomini malvagi che subiscano lo stesso destino oppure che passino dalle disgrazie alla buona sorte. Nessuno di questi, infatti, secondo il filosofo potrebbe destare paura e pietà insieme. L’unico caso utile allo scopo è quello di “Colui che si trova nel mezzo rispetto a questi estremi, e tale è chi né si distingue per virtù e per giustizia né cade nella disgrazia per causa del vizio e della malvagità, ma per un qualche errore. Esempio grandioso di questa tipologia di uomo è sicuramente Edipo.               

La tragedia ben riuscita, dunque, secondo l’autore della Poetica, può avere per protagonista solo l’essere umano caratterizzato da una sostanziale medietà etica, un personaggio dal quale lo spettatore possa non sentirsi poi tanto lontano. A partire dall’errore (mai dal vizio o dalla malvagità!) di questo protagonista tragico si dovrà dunque svolgere la trama, fatta di azioni che conducano direttamente ai due sentimenti catartici; sarebbe una mancanza grave da parte del poeta tragico cercare di suscitare paura e pietà mediante la semplice messa in scena: esse devono scaturire, in maniera necessaria, dalle azioni umane descritte.

I miti antichi, se presi così come sono stati tramandati, con le loro vicende di casate illustri, sono considerati, nella Poetica, dei buoni poeticamodelli della tragedia per quel che riguarda i rapporti che devono intercorrere tra i personaggi: il tragico, infatti, può connotare solo l’agire di chi è mosso da philia. Edipo riconosce, nella consorte e non in un’estranea o in una nemica, la madre, oggetto di errore prima e di orrore poi.

Ma l’orrore di Edipo, e dell’eroe tragico in genere, di fronte alla propria sorte, nello spettatore innesca qualcosa di differente, vale a dire la pietà per l’uomo che non vede e che, per questa sua cecità, cade in errore; nello spettatore sorge la pietà per l’uomo che è preda della sventura non per propria colpa e che, proprio per questo non coinvolgimento della volontà, fa scaturire la paura di potersi trovare, un giorno, senza sapere come, nella sua stessa condizione.

Non è un fatto da sottovalutare che nella Poetica si dia tanta importanza alle azioni umane e alla loro concatenazione, molta più di quanta se ne dia al modo in cui esse sono presentate sulla scena; ciò che deve suscitare l’opera tragica s’inserisce perfettamente nella più ampia visione etica e politica dell’autore dell’Etica a Nicomaco e della Politica.

Sembra che l’ultima parola della poetica, nonché la stessa ragion d’essere della tragedia e dei suoi elementi fondamentali, sia da considerarsi di natura etica.