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Gladiatori, buon cibo e giochi: come si divertivano gli antichi abitanti di Pompei

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Gladiatori, buon cibo e giochi: come si divertivano gli antichi abitanti di Pompei

Anche a Pompei la voglia di divertimento era tanta come in tutte le altre città dell’impero e qui i combattimenti venivano organizzati nell’anfiteatro

Come si divertivano gli antichi abitanti di Pompei? Panem et circences, cibo e divertimento, è una delle locuzioni latine più celebri giunte sino ai nostri giorni dai tempi dell’antica Roma.

Un chiaro richiamo che sintetizza abilmente quelle che erano e probabilmente sono le aspirazioni delle persone comuni. Se i prefetti dell’annona nel corso del tempo ebbero il loro bel da fare per garantire a tutti i cittadini dell’impero quel grano necessario a sfamare una popolazione in continua crescita, i curator muneris (i pubblici ufficiali responsabili della spesa pubblica in materia di giochi e divertimenti) incontravano senz’altro meno problemi a garantire svaghi per tutti anche nelle province più periferiche.

Un marchio di fabbrica della colonizzazione romana insieme alle terme erano infatti i teatri dove si recitavano commedie e tragedie e dove spesso venivano anche organizzati gli incontri gladiatori, gli spettacoli preferiti dagli antichi romani che in quanto ad indici di gradimento e diffusione potrebbero essere tranquillamente paragonati alle moderne partite di calcio.

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Anche a Pompei la voglia di divertimento era tanta come in tutte le altre città dell’impero e qui i combattimenti venivano organizzati nell’anfiteatro. I ludi gladiatori riempivano gli spalti e una vasta documentazione epigrafica, arricchita da graffiti rinvenuti sui muri della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio, tramanda l’entusiasmo e il trasporto dei pompeiani per questo genere di eventi.

Come i calciatori del giorno d’oggi i gladiatori erano osannati nelle arene mentre il fascino dell’atleta combattente spesso attirava l’interesse del gentil sesso e di alcune nobildonne disposte anche a pagare ricchi oboli per passare una notte con il loro adone preferito. A tal proposito nel corso degli scavi degli anni passati la caserma dei gladiatori ha restituito il corpo di una donna che dalla quantità di gioielli indossati sembrava appartenere alla nobiltà locale.

La speciale attenzione ricevuta da questi eroi dei tempi passati portò a Pompei anche una taberna a loro dedicata dove sono stati rinvenuti affreschi con scene di combattimenti tra gladiatori e dove probabilmente i professionisti più acclamati si incontravano per passare il tempo e cercare un po’ di relax lontano dalle luci della ribalta e dai pericoli dell’agone.

Tutti gli abitanti di Pompei insieme all’anfiteatro frequentavano infatti spesso le tabernae, luoghi di convivialità dove i cittadini si incontravano per scambiare quattro chiacchiere, bere un po’ di vino, mangiare un boccone e soprattutto dedicarsi ad alcuni popolarissimi passatempi come i dadi, gli astragali e le lotterie.

Esistevano anche delle speciali tabernae lusorie, sorta di bische dedicate precipuamente a questo genere di intrattenimenti (a Pompei ne esisteva una ben conservata vicino alla casa di Poppeo Firmo ma venne quasi completamente distrutta dai bombardamenti alleati del 1943); del resto plebei, borghesi e imperatori, insomma praticamente tutti si cimentavano con questi svaghi.

A tal proposito resta celebre a Pompei l’affresco dell’osteria della via di Mercurio che riproduce un gruppo di persone intente a giocare a dadi. Questo gioco contagiò anche Claudio, il quarto imperatore della dinastia Giulio-Claudia, che per soddisfare al meglio la sua brama di sollazzo si fece costruire uno speciale tavolo basculante da carrozza ovviando così al problema dei bruschi sobbalzi che impedivano a lui e ai suoi compagni di divertirsi in tranquillità.

Prima di lui Caligola si distinse per la sua passione per le corse di carri, tanto che era solito scommettere ingenti somme di denaro sui suoi aurighi preferiti, mentre per raccogliere fondi atti a rimpinguare le casse dello Stato arrivò a trasformare lo stesso palazzo imperiale in una casa da gioco.

A Pompei come in altre città dell’antica Roma si preferiva mangiare fuori casa anche perché, soprattutto i plebei, non avevano cucine nelle loro abitazioni. I luoghi dove si mangiava erano le tabernae o i thermopolia, antesignani dei nostri ristoranti o tavole calde dove venivano servite pietanze come spiedini, focacce, salsicce, pesce fritto, formaggi ed olive.

I più poveri consumavano soltanto pane, legumi e frutta mentre i patrizi e i ceti più agiati si permettevano banchetti luculliani dove abbondava ogni genere di pietanza e cacciagione.

Il gusto dello sfarzo e l’abbondanza di vivande portava gli chef dell’epoca a inventare ricette complesse e stravaganti a base di lingue di fenicottero, mammelle di scrofa e orso stufato come tramanda Apicio nel suo De Re Coquinaria, un compendio del sapere in cucina di questo Vissani d’antan.