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Flop in Commissione, salta il taglio delle Province

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Flop in Commissione, salta il taglio delle Province
Immagine della Regione Campania con in evidenza i confini di provincia

Ne avevamo parlato qualche tempo fa, precisamente in un articolo del 4 agosto 2012. Il  taglio delle Province era stato previsto dal Governo Monti con l’art. 17 del D.L. n. 95, cosiddetto della “spending review” del 6 luglio 2012, con il “riordino delle Province e loro funzioni”.

Il provvedimento era parso storico e finalmente decisivo per la soluzione di una questione ormai eterna, e pareva dare una speranza di cambiamento necessario e inderogabile, checché ne dicessero alcuni amministratori locali con una punta di conservatorismo e campanilismo. E invece, a causa del mutato scenario politico dopo la sfiducia da parte del PDL al Governo e le conseguenti annunciate dimissioni di Monti (esecutive dopo l’approvazione della Legge di Stabilità), il decreto non ha avuto il risultato sperato.

Per essere reso effettivo, il provvedimento doveva essere convertito in legge, ma questo non è avvenuto poiché, visto il prematuro scioglimento delle Camere, gli innumerevoli emendamenti e subemendamenti presentati in Commissione Affari Costituzionali del Senato non hanno reso possibile l’approdo in aula entro il pomeriggio di martedì 12 dicembre come stabilito dal calendario del Senato. Nella seduta del 10 dicembre, infatti, la Commissione si era riunita per continuare la discussione sulla “Conversione in legge del decreto-legge 5 novembre 2012, n. 188 (che disciplinava il relativo procedimento, ovvero l’art. 17 del D.L. n. 95 del 06/07/2012) recante disposizioni urgenti in materia di Province e Città metropolitane” dove era intervenuto il ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione Filippo Patroni Griffi.

Dopo le varie considerazioni degli esponenti dei vari gruppi parlamentari, che manifestavano le loro perplessità e preoccupazioni, il ministro Patroni Griffi, a nome del Governo, rileva che “nonostante la propria disponibilità a prendere in considerazione le proposte di mediazione dei relatori, non si è determinata una sintesi su cui vi sia il più ampio consenso, anche a causa del numero elevato di emendamenti e subemendamenti presentati, nonché del mutato scenario generale”. E quindi ne prende atto. Pertanto, il sen. Carlo Vizzini, presidente della Commissione, “preso atto delle dichiarazioni dei rappresentanti dei gruppi parlamentari, preannuncia che riferirà al Presidente del Senato le difficoltà che la Commissione incontra a concludere l’esame in tempo utile affinché il Senato possa trasmettere il provvedimento all’altro ramo del Parlamento per la conversione in legge”.

S’interrompe così, bruscamente, un processo di possibile rinnovamento del Paese, un provvedimento memorabile che poteva riuscire a snellire un po’ la tanto vituperata e lenta macchina burocratica. E la causa di questo dietro front è stata proprio un eccessivo numero di emendamenti, volti a favorire qualche situazione particolare, presentati anche forse per rallentare l’azione del Governo e del Parlamento, così da riuscire a non far approvare la legge.

Si spera che il nuovo Governo che a breve verrà a formarsi prenda a cuore l’argomento e porti avanti decisioni serie e risolutive al riguardo.