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Emanuele e l’uovo de I Castellani

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Emanuele e l’uovo de I Castellani

Lo spettacolo per Emanuele Scifo del Gruppo Folkloristico “I Castellani”, Centro Sociale di Salerno

[ads2]Primo tempo. Arrivo qualche minuto prima dell’inizio dello spettacolo.

Mi siedo un po’ in disparte, com’è mio solito, e mi guardo attorno: verde.

Sedie verdi, tappezzerie laterali verdi, sipario verde.

Ho già visto questa declinazione di verde. Dove? Sì, adesso ricordo: alla Facoltà di Medicina di Napoli. Però… più che definire, questo verde accompagna, traghetta, sposta. Non si descrivono situazioni ma solo passaggi.

Vedo salire sul palco Emanuele Scifo. Lo guardo corazzato dalla sua magrezza, arso dal fuoco ancestrale della propria volontà.

Sì, il varco è qui.

Annuso l’attesa verde dei parati del vagone, tocco il coprisedile verde dell’aereo atlantico. E ancora, calpesto  il finto parquet verde delle corsie d’ospedale; di ogni ospedale, in Italia come in America.

Il verde, dappertutto, è impregnato della stessa preghiera laica di salvezza.

Viaggio per fuggir altro viaggio. Occorre spostarsi, viaggiare per l’appunto, per sfuggire dalle grinfie dell’Eguagliatrice che numera le fosse.

Sprofondato nel mio verde di partecipazione, lo senti parlare, Emanuele. Il tre novembre partirà per Miami. Con circa quattro mesi di ritardo sulla tabella di marcia. Ma si sa, i treni non arrivano mai in orario. E in questa Italia disconnessa dal Bene Pubblico, neppure gli aerei necessari per la fuga, volano puntuali.

Il tarlo infame della complicazione, in questi quattro mesi in cui “la competenza appartiene ad un altro ente”, “stiamo facendo il possibile”, “ci sono tempi fisiologici (il problema è che stiamo al livello avanzato: il patologico, ndr) da rispettare”… il tarlo, dicevo, ha avuto il tempo di lavorare. Forse nel corpo. Sicuramente non nello spirito di Emanuele. Egli, infatti, crede di potercela fare perché ha la forza, nonostante tutto e grazie alla solidarietà spicciola dell’uomo semplice, di farcela.

Secondo Tempo. “I Castellani”, gruppo folkloristico che proprio quest’anno festeggia emanuelei quarant’anni di attività.

Dalla ferrea determinazione di una pasionaria illuminata, Eva Avossa, a un gruppo di quasi quaranta, validi elementi.

Da Giovi, frazione che troppe volte si è sentita sorella povera del Comune di Salerno, all’ultimo festival di Francia in cui il gruppo folkloristico ha rappresentato l’Italia.

Primo e Secondo tempo. Emanuele Scifo e I Castellani.

Il verde che si contamina con il bianco pulcinellesco di uno dei raffinati momenti dello spettacolo.

Un gigantesco pulcinella viene trasportato sul palco. La musica tambureggiante fa da levatrice. Per una sorte di partenogenesi primordiale, dal primo, mastodontico pulcinella, ne nascono due, quattro, sei, di pulcinella, e via di questo passo.

Dopo una danza di affermazione della propria esistenza, ecco spuntare l’autorità. Un carabiniere magro, segaligno e severo che, armato di manganello, ricaccia ogni piccolo pulcinella nel ventre molle del Teatro delle Guarattelle (So’ schiattato de lo riso cchiù che s’avesse ‘ntiso li mammuocciole de li bagattelle, scrive Giovan Battista Basile ne Lo cunto de li cunti,  nel lontano 1600) nato, quest’ultimo, dalle ceneri dei tarantolati pulcinella di un attimo prima.

Colpo di scena finale. Sul piccolo teatro nel teatro, continua la guerra tra l’autorità-carabiniere e il pulcinella-spirito del popolo.

Ovviamente, adesso, si tratta di due burattini (guarattelle, per l’appunto) che se le danno di santa ragione fino a quando il pulcinella vincitore non incita il pubblico a tributargli onori.

In un mondo giusto, in una realtà in cui Emanuele avrebbe potuto curarsi a prescindere dal verde dei dollari e dal verde delle sale d’attesa, il pulcinella può nascere solo da una fonte pura, immacolata. Non certo, quindi, dall’uomo. E allora, l’unico rimedio, il coupe de theatre, è far nascere la maschera del popolo da sé stessa, che a sua volta trae origine dall’uovo della tradizione.

Esistono profumi freschi come carni di bimbo, dolci come gli oboi, e verdi come praterie. Anche la speranza, ora che ci penso, è verde. Ma dico di più. Sicuro: pure la certezza della guarigione di Emanuele è verde. Incontrovertibilmente…VERDE!

Buona fortuna.