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Confcooperative lavoro e servizi: modificare l’art 42 del Cura Italia

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Confcooperative lavoro e servizi: modificare l’art 42 del Cura Italia

Infezione da Covid-19 responsabilità penale dell’impresa. L’appello di Confcooperative: il contagio lavoratori va riconosciuto come malattia e non infortunio

Confcooperative Lavoro e Servizi Campania, la Federazione che in Confcooperative aggrega le cooperative di multiservizi, trasporti, ecc., chiede la modifica dell’art. 42 del decreto legge n 18 del 2020 (decreto Cura Italia, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27).

La norma configura come infortunio l’infezione da Covid-19 sul luogo di lavoro.

L’Inail è intervenuto con una serie di circolari (la più recente è n. 22 del 20 maggio 2020) specificando i margini entro i quali sarebbe configurabile una responsabilità penale dell’impresa.

Di seguito il commento di Umberto Amoroso, presidente Confcooperative Lavoro e Servizi Campania:

A tutti i livelli stiamo spingendo affinché il legislatore riveda la formulazione della norma, prevedendo la sola malattia e non l’infortunio. Chiediamo una norma che escluda la responsabilità del datore se quest’ultimo ha garantito ai dipendenti protezioni individuali, distanziamento e sanificazioni degli ambienti. Non ci sono dubbi sul fatto che le imprese siano tenute ad adottare le misure di sicurezza per i luoghi di lavoro individuate a livello nazionale dal protocollo tra le parti sociali lo scorso 24 aprile e dai diversi protocolli aziendali. Eppure, la domanda è lecita: fino a che punto gli imprenditori possono essere ritenuti responsabili di un’infezione da Covid-19 nel mezzo di una pandemia mondiale? Le imprese sono già tartassate da moltissimi costi dovuti all’emergenza sanitaria e il solo rischio di una responsabilità penale a seguito dell’accertamento di un infortunio da contagio sul luogo di lavoro è una beffa oltre il danno. Gli ostacoli per ripartire si accumulano giorno dopo giorno, lo spettro di un processo penale è scoraggiante” fa sapere Amoroso.

E continua Amoroso:

Rispetto alle linee tracciate dall’INAIL resta il problema della discrezionalità valutativa del giudice e del costo ulteriore che le imprese dovrebbero sopportare, tenendo conto delle difficoltà di accertare in giudizio che il contagio sia avvenuto effettivamente sul luogo di lavoro e a causa della mancata adozione delle misure di sicurezza”.