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“Il mio lungo viaggio nel secolo breve”: speciale Carlo Lizzani

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“Il mio lungo viaggio nel secolo breve”: speciale Carlo Lizzani

Lo scorso 5 ottobre il regista Carlo Lizzani si toglie la vita e lascia una lettera alla sua famiglia in cui scrive: “Stacco la chiave!”. Si butta dal terzo piano del suo appartamento ricordando la morte suicida di un altro grande autore del cinema italiano, Mario Monicelli che si lanciò dal reparto di urologia dell’ospedale San Giovanni di Roma nel 2010. Un gesto definito da Lizzani “da laico, che ha voluto gestire fino in fondo la sua vita”: il bisogno di gestire la propria vita è forse il motivo interiore di questa “scelta”.

Carlo Lizzani nasce a Roma il 3 aprile del 1922 e si ritroverà, fin da giovanissimo, a convivere con il Fascismo e con la guerra. Il suo viaggio nel Novecento è lungo e faticoso ma ricco di esperienze. È critico cinematografico delle riviste Cinema e Bianco e nero, entra concretamente nel cinema come sceneggiatore al fianco di Aldo Vergano, Gillo Pontecorvo, Giuseppe De Santis e con Roberto Rossellini in Germania anno zero (1948). Fa il suo esordio alla regia nel 1951 con Achtung! Banditi! e successivamente, nel ’53, realizza Cronache di poveri amanti e Ai margini della metropoli. Già dai primi film Lizzani mette in scena le tematiche e le questioni a lui care. La Resistenza, le persone ai margini e la conquista del potere da parte dei fascisti. Siamo negli anni ’50, il Neorealismo è agli sgoccioli (Umberto D. di Vittorio De Sica del 1952 ne è uno degli ultimi esempi) ma Carlo Lizzani, la cui formazione è nata durante gli anni ’40, continua la sua Resistenza con il cinema; il cinema italiano tra gli anni ’40 e ’50 si può definire un vero e proprio cinema della Resistenza, perché ciò che vediamo è un puro atto politico e sociale.

Il (suo) lungo viaggio nel “secolo breve”, che è anche il nome del suo libro pubblicato nel 2007 (Il mio lungo viaggio nel secolo breve) in cui affronta le grandi tematiche del Novecento con estrema lucidità, si esprime in una cinema “serio” e ancorato alla Storia e alle Utopie che hanno segnato il nostro paese.

Il “secolo breve” è un chiaro riferimento al testo dello storico Eric J. Hobsbawm, il quale divide il Novecento in due fasi: 1914-1945 come l’Età della catastrofe paragonabile alla Guerra dei trent’anni; 1946-1973 come l’Età dell’oro caratterizzata dalla crescita economica. Il regista romano vive intensamente queste due fasi e il conseguente disorientamento nel brusco e inafferrabile passaggio da un’epoca tragica al benessere economico; di tutto questo Lizzani riesce a smascherare le contraddizioni interne.

Negli anni ’60 comincia a manifestare il suo interesse (e legame) con gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale, in particolare l’occupazione tedesca e l’arrivo degli americani, con film come Il gobbo (1960) L’oro di Roma (1961) e Il processo di Verona (1963), mentre con La vita agra (1964) metterà in scena la trasformazione repentina di un proletario nella società dei consumi. Ritorna sull’epilogo della vicenda storica del Fascismo e della Guerra anche in Mussolini ultimo atto (1974) e Hotel Meina (2007), dichiarandosi sempre più attento alla fase finale, momento in cui riesce a far emergere la drammaticità in maniera più completa.

Con Mussolini ultimo atto si sofferma sugli ultimi due giorni della vita di Mussolini prima di essere ucciso, mentre con Hotel Meina presenta la storia di una famiglia di ebrei prigioniera con altri ebrei in un hotel subito dopo l’armistizio dell’8 settembre, data che segna il cambiamento politico dell’Italia. 

Tornado agli anni ’60 occorre soffermarsi su due film che analizzano la criminalità: Svegliati e uccidi (1966) e Banditi a Milano (1968). Nel primo film l’atmosfera tenebrosa e ostile presenta Luciano Lutring, famoso bandito degli anni ’60 per la rapina della gioielleria di via Montenapoleone a Milano. Emerge il carattere cupo del personaggio già dalla vita privata, avendo un rapporto perverso e violento con la sua donna. In Banditi a Milano strutturato come una docu-fiction, in cui si alternano interviste e voce fuori campo che pone domande o racconta le vicende a momenti di ricostruzione storica basata sulla verosimiglianza; ci si immerge in un clima di paura portando alla riflessione sul perché della violenza nei giovani.

La carriera di Lizzani continua con le serie televisive (C’era una volta il re e il suo popolo, Nucleo Zero, Un’isola, Le cinque giornate di Milano) e con il documentario (12 autori per 12 città, Luchino Visconti, Roberto Rossellini – frammenti e battute) ma non solo. È stato, infatti, anche docente al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma e studioso di cinema, pubblicando anche una Storia del cinema italiano. Dal 1979 al 1982 ha diretto la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e nel 1992 ha pubblicato una raccolta dei suoi scritti in Attraverso il Novecento, dimostrando ancora una volta il grande “attaccamento” al suo tempo.

Carlo Lizzani si può definire uno dei pochi uomini che ha investito se stesso nella cultura e che ha fatto del cinema il mezzo con cui denunciare, nel senso più nobile della parola, analizzare e mettere a nudo la drammaticità della Storia e degli uomini.

Gli uomini sono al centro del cinema ma per Lizzani (come il gruppo di autori che lo circondano) diventano un’ossessione. Devono essere scrutati, compresi, giustiziati e svelati nella loro fragilità. La regia esprime il senso dell’immagine. Il punto di vista dell’autore è fortemente inscritto nell’atto del riprendere: l’occhio umano coincide con l’occhio della cinepresa per quella moralità di cui ha bisogno il cinema italiano nel testimoniare ciò che è accaduto.

Con Storia di vita e malavita (1975) e Fontamara (1980), il regista volge lo sguardo sulla prostituzione giovanile e sui contadini della Marsica che coltivano per i padroni e alla loro ribellione contro i Fascisti che corrisponderà al massacro. Sempre impegnato nel sociale, sempre attento ai veri drammi dell’esistenza umana, Lizzani passa alla storia del cinema italiano per aver dimostrato fin da subito la sua predisposizione a far parlare gli eventi, a tratteggiare con uno stile asciutto i personaggi politici e storici di un Paese che non riesce ad eliminare i suoi fantasmi e che rimane ingiusto e spesso amorale.

Il suo gesto a 91 anni non è forse la risposta coerente a un viaggio all’insegna del riscatto sociale e umano, espresso nei suoi personaggi e nelle inchieste, motivando, anche così, la sua volontà, un mese fa, a fare di se stesso l’attore della sua vita per l’ultima volta?

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Laureata in D.A.M.S presso l'Università di Udine, giornalista pubblicista, curo da un anno la rubrica ZONmovie con un bel gruppo di collaboratori. Cerchiamo di seguire gli interessi dei lettori, ma allo stesso modo vogliamo garantire i contenuti, sempre ben argomentati e fondati rispetto a ciò di cui parliamo. Analizziamo la rubrica in relazione all'arte, all'animazione americana e seguiamo le migliori serieTv e, con speciali dedicati, offriamo retrospettive sulle serie più attese. Inoltre, anche la nuovissima rubrica "Dal libro allo schermo" garantisce una pluralità di contenuti. Non solo. ZONmovie propone anche una sezione dedicata alla WebSerie, con appuntamenti settimanali.