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Il Franco Cacciatore di Giorgio Caproni

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Il Franco Cacciatore di Giorgio Caproni

Il Franco Cacciatore, una delle raccolte poetiche più ampie di Giorgio Caproni, comparve nel 1982 ed è articolata in varie sezioni secondo un uso tipico del poeta

[ads2] Si è già avuto modo di accennare, in un articolo precedente (Giorgio Caproni: un contemporaneo al cospetto di Dante, clicca QUI), che nell’iter poetico caproniano una svolta importante è da ritrovare nella raccolta Il muro della terra.

L’importanza di questa silloge, la quale inaugura quindi una nuova stagione della poesia di Caproni, risiede nel fatto che il poeta qui comincia un’indagine completamente nuova; ormai giunto alla fine del mondo fisico Caproni, fin dal titolo, “Sottolinea subito la difficoltà comunicativa, la sopravvenuta estraneità ai luoghi e ad ogni socievolezza: il deserto avanza, occupa via via tutti gli spazi, chiude ogni ragionevole via di fuga”.

Tale nuovo “indirizzo” della poesia di Caproni ha, inevitabilmente, dei risvolti pure a livello formale: infatti il linguaggio “Tende ora sempre più a scarnificarsi, a circondarsi di vuoto, dosando con avarizia le parole”, e tale caratteristica di linguaggio sarà tipica delle liriche del Caproni più maturo.

Il Franco CacciatoreLa lingua poetica caproniana, in queste sillogi, è dotata di un ulteriore elemento di grande importanza, cioè è un linguaggio che spesso giunge a esiti ossimorici. Forse tale cifra stilistica è la componente più ostica della poesia di Caproni in quanto, quasi ad ogni verso, il lettore s’imbatte nella negazione radicale di ciò che un attimo prima era stato affermato. La lingua di Caproni è ossimorica pure perché solo tale può essere il linguaggio di chi è arrivato alle soglie del nulla ed è in cerca di una verità anche solo parziale.

Questa evoluzione della lirica caproniana sarà mantenuta e “potenziata” anche nelle raccolte successive, cioè sia ne Il Franco cacciatore che ne Il Conte di Kevenhüller, ma è importante sottolineare come un altro elemento che accomuna le sillogi della maturità di Caproni sia anche la compattezza, l’organicità delle raccolte, la necessità di una lettura continuativa delle poesie stesse al fine di carpirne gli innumerevoli richiami che le liriche instaurano tra loro; lo si potrebbe definire quasi un gioco di specchi.

Lo stesso Caproni ebbe modo di dichiarare la missione sottesa a Il Franco cacciatore: “Quella che soprattutto m’interessa è la figura del cacciatore, […] vista – come già la figura del viaggiatore – in veste di cercatore. Cercatore di che? Di dio? Della verità? Di ciò che sta dietro il fenomeno ed oltre l’ultimo confine cui può giungere la ragione? Della propria o dell’altrui identità? Una domanda vale l’altra, e forse si tratta solo di ricerca per amor di ricerca”.

Tale silloge mostra fin dal titolo un forte legame con il mondo musicale e l’opera in generale e, per andare nel particolare, con Der Freischütz (appunto Il Franco Cacciatore) di Carl Maria von Weber. Molti critici si sono interrogati a proposito della scelta caproniana d’intitolare a tal modo la silloge e la risposta più soddisfacente è stata rinvenuta nella comunanza di “genere” tra le due opere: entrambe, infatti, possono essere ascritte alla categoria del “singspiel”, cioè un’opera formata da arie inframmezzate da recitativi.

Si potrebbe, però, anche ipotizzare un richiamo ironico di Caproni all’opera di Weber: infatti Max, il cacciatore protagonista di Der Freischütz, una volta persa la sua infallibile mira, utilizzerà un proiettile magico per abbattere un’aquila. L’ironia risiederebbe nel fatto che Caproni, in tal modo, voglia sottolineare l’assenza, nella sua opera, di qualsiasi incantesimo, di qualsiasi espediente, appunto, magico.

Il Franco CacciatoreIl Franco Cacciatore rientra perfettamente nella nuova “missione” affidata da Caproni alla sua lirica, pertanto presenta una concentrazione intorno a pochi temi essenziali (che va di pari passo con la riduzione del linguaggio di cui si è detto poco sopra) prendendo in esame il tema del viaggio, insistendo sulle zone di confine, il vuoto, l’esperienza paradossale, la caccia (tema non del tutto nuovo), la teologia, e “Il tema che, dal titolo parlante di una sezione, possiamo chiamare della “Reversibilità”. […] Possiamo elencare motivi […] adiacenti: l’esser cercato dove non ci si trova; l’arrivo dove non si è mai arrivati o al luogo di partenza”: sono questi dei temi che confermano la paradossale “logica binaria” di Giorgio Caproni e che potrebbe essere, a ragione, definita la cifra stilistica più importante della silloge.

Il tema che sembra catturare maggiormente l’attenzione del poeta è sicuramente quello teologico: Dio, infatti, viene ripetutamente chiamato in causa, quasi in maniera spasmodica. “È un Dio che esiste sempre e solo nella negazione”. Dio, per Caproni, non è soltanto un interrogativo filosofico, ma è anche e soprattutto Conflittualità. La sua ricerca “religiosa” segue la via […] della lotta senza tregua con l’Altro. […] La morte di Dio però per Caproni non è un’aporia teologica, bensì una conseguenza […] del suo pensiero negativo, […] dovuta […] al male che serpeggia nel mondo”.

Il tema principale sotteso alla silloge era, però, differente e, anche in questo caso, sono utilissime le parole del poeta stesso: “L’idea fondamentale m’era venuta da Hoffmann, Gli elisir del diavolo: tutto il tema dello sdoppiamento della personalità poi mescolato, appunto, con tutta questa magia continua ch’è nel Il Franco cacciatore di Weber”.

Bisogna, infine, dar conto di un altro paio di elementi di grande importanza perché offrono un’ulteriore chiave per comprendere al meglio Il Franco cacciatore caproniano. Il primo di questi elementi è la capacità del poeta “Di coniugare una problematica amplissima, al tempo stesso fisica e metafisica, con una forma popolare (nell’accezione romantica) […] che risucchia in sé senza apparente difficoltà riferimenti colti”; la seconda risiede nel fatto che “Una materia personalissima e bruciante non si esprime secondo gli slanci della soggettività, ma riesce ad oggettivarsi in figure concrete, indimenticabili nella loro icasticità, in fulminanti aforismi, in apologhi scorciati che si incidono indelebilmente nella memoria”.

Una poesia, quella di Giorgio Caproni, che può risultare indubbiamente ostica, ma che si configura come un vero e proprio viaggio nel cuore pulsante della lirica più vera e impegnata.

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Laureato in Lettere, curriculum Pubblicistica, il 25 maggio 2010 e poi in Filologia Moderna il 13 marzo 2013, Gerardo inizia la sua collaborazione con ZerOttoNove nel giugno 2013 occupandosi della cronaca e delle vicende politiche di Calvanico (sua cittadina di residenza), trattando dei più svariati eventi e curando la rubrica CanZONando che propone, di volta in volta, l'attenta e puntuale analisi dei migliori brani della storia della musica. Ex caporedattore di ZerOttoNove.it e di ZON.it, WordPress & SEO specialist, operatore video e addetto al montaggio (in casi estremi), Gerardo ha molteplici interessi che spaziano dallo sport alla letteratura, dalla politica alla musica all'associazionismo. Attualmente svolge l'attività di docente, scrittore e giornalista pubblicista.