Home Politica I sei rettori delle università campane in coro: “Si al voto utile che determini una maggioranza forte”

I sei rettori delle università campane in coro: “Si al voto utile che determini una maggioranza forte”

0
I sei rettori delle università campane in coro: “Si al voto utile che determini una maggioranza forte”

Le campagne elettorali sono per definizione il luogo del progetto, del programma ovvero della loro rappresentazione.

I sei Rettori delle Università statali della Campania– in questo contesto– hanno inteso fornire un contributo dialogico e concreto circa la necessità di focalizzare le problematiche della Università, dell’Alta formazione, della Scuola e della Cultura nel nostro Paese.

Un apporto di riflessione puntuale e circostanziata, relativamente a tematiche di estrema rilevanza e  di connotazione strategica.

Filippo Bencardino (Rettore Università degli Studi del Sannio), Massimo Marrelli   (Rettore Università degli Studi di Napoli Federico II), Raimondo Pasquino  (Rettore Università degli Studi di Salerno), Claudio Quintano (Rettore Università degli Studi di Napoli “Parthenope”), Francesco Rossi (Rettore Seconda Università degli Studi di Napoli) e Lida Viganoni  (Rettore Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”) considerano fondamentale una chiara indicazione per gli elettori verso un voto utile che determini una maggioranza capace di governare il Paese, soprattutto in ragione di problemi decisivi per il futuro delle nuove generazioni.

In riferimento al sistema universitario– scrivono i rettori campani – l’unico intervento di questi anni, la legge Gelmini (Legge 240/2010), si è dimostrato inadeguato. Mossa da un atteggiamento punitivo nei confronti delle università statali, e sull’onda di un piano di suo screditamento, funzionale al disimpegno finanziario dello Stato, la Legge Gelmini ha affrontato il rapporto tra autonomia e controllo azzerando l’autonomia e calando una camicia di forza di norme uniformi e di esasperato dettaglio sulla complessa pluralità del sistema universitario. Gli atenei sono stati costretti– aggiungono i rettori – ad un costoso processo di riorganizzazione, secondo un disegno scarsamente condiviso e dall’utilità non dimostrata. Operazione dalla quale sono state tenute al riparo le università private, senza dimenticare le Università Telematiche proliferate in Italia in questi anni, al di fuori di ogni ragionevole strategia di sistema, spesso attingendo a docenti di ruolo nelle Università statali per coprire le esigenze della didattica.

In questo contesto, sottolineano i Rettori delle Università campane, molto critica è la situazione finanziaria del sistema universitario e della ricerca, a fronte di una politica dei tagli selvaggi che vanno ben oltre l’obiettivo dichiarato dell’eliminazione di sprechi e diseconomie e hanno posto le Università statali italiane in una condizione insostenibile. Essi compromettono ormai lo svolgimento delle funzioni basilari, impediscono non solo il potenziamento ma la conservazione stessa del patrimonio edilizio e strutturale. Impongono, inoltre, la riduzione impietosa delle azioni di sostegno al diritto allo studio, i cui costi qualcuno vorrebbe ora semplicisticamente scaricare sugli studenti stessi, con il famigerato prestito d’onore, meccanismo di dimostrata ridotta efficacia, implausibile nell’attuale situazione di disoccupazione giovanile. Hanno determinato, infine, il ridimensionamento dei finanziamenti destinarti alla ricerca, alla formazione di terzo livello e dei giovani ricercatori. L’idea, cara a molti, che questa drammatica contrazione del finanziamento pubblico possa e debba essere superata grazie agli interventi dei privati è illusoria, se non volutamente ingannevole.

Smantellare l’università statale – rilevano Rettori degli Atenei della Campania – significa tagliare alla radice le capacità di ricerca, innovazione e sviluppo culturale del Paese che continuano a trovare nell’Università il loro luogo elettivo e significa disincentivare l’iscrizione dei giovani, ridurre il numero dei laureati italiani, già troppo basso rispetto ai paesi avanzati, e soprattutto chiudere l’accesso ai livelli più avanzati di formazione ai giovani provenienti dai ceti meno abbienti. Così si tradiscono i principi fondamentali della Costituzione e si cancella il ruolo di equo ascensore sociale che l’alta formazione ha finora svolto, pur con tante inadeguatezze.

 

Quali, allora, le proposte che le Università campane chiedono non solo di registrare nell’agenda elettorale ma di intuire come impegno di governo?

E’ necessario, scrivono:

  1. un adeguato piano decennale di finanziamento che consenta la ripresa del sistema e, a breve termine, l’apertura a nuove generazioni di ricercatori e il riconoscimento dell’impegno di chi già lavora nell’Università garantendo la possibilità di legittime progressioni di carriera.
  2. Una semplificazione normativa e l’eliminazione della gabbia costruita con la legge Gelmini, che restituisca a ciascuna università la possibilità di strutturarsi in autonomia, scegliendo le forme di organizzazione e gestione più adeguate alle proprie caratteristiche e dimensioni e al proprio contesto territoriale.
  3. Un sistema di controllo e di valutazione trasparente, condiviso, burocraticamente leggero e che si ponga come obiettivo lo sviluppo qualitativo dell’Università statale, non la sua penalizzazione.
  4. Una stabilità di politiche d’intervento che consenta al sistema di programmarsi e non lo sottoponga alla necessità di continue e contraddittorie modificazioni.