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Giustizia e Informazione: l’incontro sul caso Tortora all’Unisa

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Giustizia e Informazione: l’incontro sul caso Tortora all’Unisa

All’Unisa oggi si è parlato di Giustizia e informazione. È intervenuto Enzo Decaro,  protagonista della fiction “Il Caso Tortora-Dove eravamo rimasti?

Stamattina, presso l’Aula Verde c/o Plesso di Giurisprudenza, si è tenuto l’incontro dal titolo “Giustizia e Informazione” – “Cronache e diritti della persona“, organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche e i Laboratori In.Di.Co. e LIGOGI, in collaborazione con daviMedia.

Dopo i saluti di Enzo Maria Marenghi, direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Salvatore Sica, direttore del Laboratorio In.Di.Co., introduce il tema dell’incontro: giustizia e informazione. L’obiettivo che si pone il dibattito è quello di contaminare il diritto con altre discipline.

Con l’interpretazione di Enzo Decaro del giudice Mariani nella fiction Il caso Tortora- Dove eravamo rimasti? si mette a nudo il rapporto tra giustizia e informazione.

Come precisa Salvatore Sica, l’informazione non può essere sacrificata, anzi è la linfa vitale di tutto; l’imbarbarimento dell’informazione è ben rappresentato dal caso di Tortora che non può e non deve essere solo un ricordo.

Discutere sul significato della rappresentazione in una fiction di un vita massacrata dall’informazione, infatti, aiuta a capire il rapporto complicato e delicato tra giustizia e informazione. Il ruolo della magistratura e dell’avvocatura con la stampa è molto controverso.

Nell’incontro ci si interroga sulle vicende del processo ad Enzo Tortora, sull’accusa mossagli dal pregiudicato Giovanni Pandico, di far parte della Nuova Camorra Organizzata e sulle asserzioni provenienti da altri condannati per reati legati alla mafia. La Corte di Napoli, dopo averlo arrestato e imputato di associazione camorristica e traffico di droga, lo assolve perché il reato non sussiste.


giustizia e informazioneEnzo Decaro interviene su quella che definisce una “pagina buia della giustizia italiana e del senso comune dei semplici cittadini”. Una delle ragioni di tutta questa vicenda è stata, secondo l’attore, l’eccessiva specializzazione dipartimentale. Non c’è stato, infatti, alcun contraddittorio, sia in fase istruttoria sia in quella processuale. C’è stato solo il sacrificio personale di un individuo, una vera e propria “vicenda kafkiana”. Tortora, infatti, ha ricevuto un “esilio dorato” dopo una vera e propria emarginazione e condanna mediatica.

In tutta questa vicenda emerge il ruolo dei giudici, che non sono eroi e non vogliono essere eroi. I giudici – ci tiene a precisare l’attore – sono persone che credono nel loro lavoro e pensano autonomamente. Al tempo del processo c’era, però,  la “fame” di colpevoli contro la Nuova Camorra Organizzata; bisognava arrivare al colpevole e dare un colpo mortale all’organizzazione. Il ruolo della stampa fece il resto.

Giustizia e informazioneLa fiction, in questo caso, può essere un piccolo contributo a un indennizzo che Enzo Tortora non ha mai ricevuto. Gli ultimi anni di Tortora, come ricorda Enzo Decaro, sono stati dedicati affinché non ci fossero altri casi simili.

Definito un “abbraccio mortale” tra sentire comune e magistratura, il caso Tortora invita a riflettere sull’influenza  tra opinione pubblica e verità processuale.

Secondo Salvatore Sica il giudice Mariani appare, allo stesso tempo, la peggior accusa e la miglior celebrazione della magistratura italiana.

Alfonso Scermino, GIP del Tribunale di Nocera Inferiore, interviene all’incontro testimoniando come quel caso lo abbia motivato ad intraprendere la sua carriera. Quello del giudice, secondo le parole di Scermino, è un “lavoro enorme caricato sulle spalle di un uomo normale”. L’invito di oggi è, riflettendo sulle tante mostruosità commesse, purtroppo sconosciute, quello di chiedersi se la colpa sia solo della macchina della magistratura. Dall’episodio di Tortora, nonostante la giurisprudenza abbia fatto passi da gigante, Alfonso Scermino sottolinea che una persona può sbagliare, anche il più intelligente magistrato. Egli, dopo nove anni di magistrature, precisa dicendo: “Non ho certezze!”.

Ogni forma di spettacolarizzazione del processo penale diventa quindi gravissima. Questo è ancor più valido oggi perchè i mass media vogliono i colpevoli subito e la verità immediata.

Di fronte a questa deriva, Decaro e Scermino concordano sull’esistenza, ancora oggi, di tanti giudici Mariani, o più precisamente tanti Michele Morello (è questo il vero nome del giudice) sconosciuti. I giudici, come sostiene Scermino, “non devono avere facce”!

Giuseppe Lucibello, avvocato penalista, conferma quanto sia difficile svolgere il compito di giudice oggi e si interroga sul fatto se sia giusto o meno pubblicare atti giudiziari e sul processo mediatico, che si apre e si chiude in pochi giorni mentre i processi giudiziari durano anni. Il lavoro del giudice comincia quando il processo mediatico si è già chiuso e l’opinione pubblica, insieme ai giornalisti hanno già eletto l’eroe nazionale di turno.

Dal versante della stampa interviene Paolo Russo, responsabile de “Il Mattino” di Salerno, con le due parole-chiave: giustizia e informazione. Confrontandoci ogni giorno con il mondo dell’informazione si evince quanto la problematica del rapporto tra giustizia e informazione sia evidente. Non sono però – ci tiene a precisare Russo –  solo i giornali e i giornalisti a contribuire ai processi mediatici, ma anche l’opinione pubblica.

L’importante è contestualizzare e Russo ricorda come “Il Mattino” dell’epoca fosse un altro giornale rispetto a quello di oggi, perché aveva con un monopolio assoluto su Napoli, regione campana e tutto il sud. Inoltre non c’erano tutte le reti televisive di oggi. Con questa premessa sostiene che, se ci fosse un caso Tortora, l’informazione oggi lo salverebbe perché ci sarebbe un controllo maggiore, che aiuterebbe i magistrati.

L’“osmosi tra magistrato e giornalista” è sempre più importante, perché l’informazione, i giornali e il web danno una mano alla giustizia. Dalle parole di Paolo Russo si evince quanto possa essere vincente il rapporto tra giustizia e informazione, quando è equilibrato, evitando così la “gogna mediatica”.

Marco Pistoia, docente di Storia del Cinema, mostra come le fiction veicolano notizie dando più notorietà ma non possono essere lette, quando si tratta di fatti realmente accaduti, solo esteticamente.

Giustizia e informazioneL’invito rivolto a tutti è questo: non possiamo avere la certezza che i giornali dicano sempre la verità, dobbiamo pensare con la nostra testa!

Oltre gli intrecci malsani della deriva narcisistica della società, Enzo Decaro spera che, nell’ambito della giustizia e dell’informazione, le future generazioni sappiano fare meglio di quelle passate.

Ogni categoria, è questo il finale dell’incontro su giustizia e informazione, può guarire solo dall’interno, se ci saranno giudici e giornalisti che ricerchino la verità.