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Erich Fromm: necrofilia e biofilia

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Erich Fromm: necrofilia e biofilia

Nel 1964 un celebre esponente della Scuola di Francoforte, Erich Fromm, pubblicò un libro dal titolo The Heart of Man. Its Genius for Good and Evil, nel quale descrisse due orientamenti fondamentali della natura umana: la necrofilia e la biofilia

[ads2]Sono pochi gli scrittori che riescono a portare alla superficie della coscienza la complessità dei problemi della psiche umana, tra questi, per diverse ragioni, si deve annoverare Erich Fromm, il famoso psicoanalista e sociologo autore di Avere o Essere.
Tra i temi che frequentemente ricorrono nelle sue riflessioni vi è quello dell’amore, scandagliato attraverso la lente della psicoanalisi in molte delle sue opere: tra esse vi è anche quella conosciuta in Italia sotto il titolo di Psicoanalisi dell’amore.
L’illuminante sottotitolo di quest’opera di Fromm, nella traduzione italiana, recita Necrofilia e biofilia nell’uomo e di qui si potrebbe partire per comprendere i concetti centrali di amore per la vita e amore per la morte.

Erich FrommGià Freud aveva individuato nell’uomo due istinti fondamentali, che si potrebbero riassumere con i termini Eros e Thanatos, istinto di vita e istinto di morte. Fromm riprende questa distinzione con una fondamentale differenza: l’amore è istinto primario, deve prevalere nell’uomo per garantire un corretto funzionamento della mente e, di conseguenza, comportamenti sociali sani. L’istinto di morte, al contrario di quanto affermava Freud, rappresenta la malattia psichica.

L’assunto da cui parte Fromm è questo: “l’uomo non può sopportare la passività assoluta. Egli è spinto a dare la propria impronta al mondo, a trasformarlo e a cambiarlo, e non solo ad essere trasformato e cambiato”. Questa spinta Fromm la chiama potenza e, nel momento in cui non si riesce ad indirizzarla verso attività creative, essa devia verso la violenza e la distruttività. L’unica cura, dunque, per le tendenze distruttive è lo sviluppo del potenziale creativo dell’essere umano: l’istinto sessuale è solo uno dei modi in cui si manifesta tale potenziale.

Dei due distinti approcci nei confronti della vita il primo, distruttivo, Fromm lo definisce necrofilia, il secondo, costruttivo, biofilia.
La persona orientata in senso necrofilo è attratta e affascinata da tutto ciò che non è vivo, da tutto ciò che è morto”; il perché di quest’attrazione è semplice da spiegare: ciò che è morto è facilmente controllabile. Il necrofilo non riesce a confrontarsi con ciò che è vivo, che cambia e che, pertanto, sfugge al suo controllo; “la vita non è mai certa, mai prevedibile, mai controllabile; per renderla controllabile, la si deve trasformare in morte”, ed è esattamente questo che il necrofilo, nella sua essenziale inettitudine da burocrate dell’esistenza, deve fare per sopravvivere.

Il biofilo, al contrario, è caratterizzato da un generale orientamento alla vita “che si manifesta nei processi fisici di una persona, nelle sue emozioni, nei suoi pensieri, nei suoi gesti”; la biofilia si distingue per quella tendenza, di spinoziana memoria, che ha tutta laErich_Fromm_writing sostanza vivente, a permanere nel suo essere.
Perché nell’uomo si sviluppi, sin da bambino, l’amore per la vita vi è una condizione fondamentale secondo Fromm: stare con persone che amino la vita. L’amore per vita”, infatti,  è contagioso come l’amore per la morte.

Non c’è da stupirsi, quindi, se la biofilia e la necrofilia, in particolari periodi della storia, abbiano “contagiato” intere società; l’esempio più chiaro di necrofilia, secondo l’autore, è la personalità di Hitler, che riuscì quasi a realizzare, in alcuni anni, il proposito di una nazione votata alla morte.
Ma chi è di fatto l’amante della morte descritto da Fromm? Di certo non solo Hitler e il suo seguito; al contrario si può dire che per lo psicoanalista tutta la società capitalistica soffra di una forte tendenza alla necrofilia. È l’homo mechanicus, “l’uomo-aggeggio, profondamente attratto da tutto ciò che è meccanico e orientato contro ciò che è vivo”, il necrofilo di Erich Fromm, che finisce col rapportarsi con le persone esattamente come si rapporterebbe con le macchine.

Fondamentalmente il necrofilo è un narcisista che non vede altra realtà al di fuori di se stesso; egli non percepisce alcuna volontà in chi gli sta di fronte, proprio come se avesse a che fare con un freddo meccanismo, gestibile sotto ogni aspetto. Il narcisista/necrofilo non è capace di amare: “l’amore non patologico, d’altro canto, non si basa sul mutuo narcisismo. È una relazione tra due persone che si sperimentano come entità separate, eppure che possono aprirsi all’altro e divenire una cosa sola con l’altro. Per sperimentare l’amore si deve sperimentare lo stato di separazione”. E separazione non può esservi laddove vi è la convinzione che il mondo coincida col proprio io.