4 Novembre 2020 - 17:11

Elezioni USA 2020: Pennsylvania specchio di una nazione in bilico

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Nelle elezioni USA 2020, ci sono ben quattro Stati, tra cui la Pennsylvania, in bilico. Una nazione intera si affida al voto postale

Molte volte, in politica, bisogna guardare in piccolo per captare i segnali di cambiamento dello Stato in grande. Stessa legge si può tranquillamente applicare alla realtà americana, che in queste ore si scopre una nazione pericolosamente in bilico, suddivisa tra stasi attuale e cambiamento. Il cambiamento porta naturalmente il nome di Joe Biden, che potrebbe tornare alla Casa Bianca da vincitore dopo il periodo da vice-presidente con Barack Obama. Di contro, Donald Trump spera naturalmente di riconfermarsi. La Pennsylvania gioca un ruolo fondamentale.

Se la partita è stata pressoché decisa negli Stati simbolo, roccaforti dell’una e dell’altra fazione, ci sono altri Stati che sono completamente in bilico. Ed è proprio lì che si giocherà il grosso della partita. Fa male Trump a sfruttare la sua comunicazione politica per farsi vedere forte e non “prestare il fianco” agli elettori democratici. Questa forma di esternazione può essere ampiamente controproducente soprattutto per la sua immagine, qualora dovesse effettivamente non farcela. Di contro, Biden mantiene un atteggiamento leggermente più cauto, ma non fa nulla per mascherare il suo animo borioso.

Il problema principale dei due candidati è che entrambi hanno un orgoglio troppo forte per mostrarsi realistici di fronte alle previsioni. E la realtà dei fatti è che l’America intera, da grande Stato unitario apparente, si mostra invece più divisa che mai, dal voto ai temi sociali passando per il “grande argomento”, ovvero la pandemia. La sensazione è che esacerbare questo clima di fastosità, pieno di proclami e di molte ambiguità porti ad una situazione in cui l’unico a rimetterci sarà il popolo americano. La Pennsylvania, come gli altri “swing states“, ne sta già dando una prova.

L’incertezza

L’unica protagonista certa, oltre ai due candidati, è l’incertezza. I risultati in Pennsylvania, così come in Carolina del Nord, Georgia, Alaska e simili, non forniscono una chiave di lettura adeguata. La chiave di lettura giusta è quella che prevede, per ciascun ramo del Parlamento, le proprie colpe. Da un lato, i democratici si dimostrano ancora una volta non capaci di scegliere una propria guida, di restare ancorati al passato e di non voler optare per altre strade. La scelta di Biden non è uguale a quella di Obama, come si potrebbe facilmente pensare. Obama, all’epoca, era un profilo semi-sconosciuto, giovane, con un’immagine slanciata e soprattutto in ascesa. Quella dell’ex vicepresidente, invece, è palesemente un’immagine già stanca, vecchia e incerta.

Purtroppo, è pur vero che gli altri candidati per i democratici non è che fossero profili giovanissimi, ma probabilmente avrebbero comunque avuto maggior slancio. Ha prevalso, in ogni caso, l’idea di “centrismo” che prevale in tutta America da sempre. I candidati più radicali (almeno dalla parte democratica) hanno sempre avuto vita molto difficile per emergere. Anzi, sono stati periodicamente battuti alle primarie. Questo perché il popolo americano vive ancora nel dopoguerra, anche in Pennsylvania. Per loro il radicalismo è un male da estirpare in maniera assoluta.

Così facendo, però, rischiano come sempre di puntare sui cavalli sbagliati. E l’America, in una situazione del genere, sbagli non se li può proprio permettere. A partire già dal voto per decidere il prossimo presidente del Consiglio, dopo la sciagura che li ha portati a farsi devastare dal COVID.