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Spazio ZeroUndici, la linea sottile dell’Ombra

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Spazio ZeroUndici, la linea sottile dell’Ombra

“La Gloria dell’Ombra – Apparizioni della fotografia” è il titolo della mostra in corso presso Spazio ZeroUndici, con fotografie di Adelaide di Nunzio, Annarita Ferrara, Massimo Pastore, Ivan Piano e Luisa Terminiello

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Dove c’è la luce, ci sono le tenebre. Le tenebre chiamano la luce e la luce, a sua volta, chiama le tenebre. Siamo destinati ad attrarci a vicenda, perché in origine qui eravamo tutti un’unica cosa.

Naoko Takeuchi

Il 06 marzo scorso è stata inaugurata presso Spazio ZeroUndici, Liceo artistico G. de Chirico di Torre Annunziata, la mostra “La Gloria dell’Ombra – Apparizioni della fotografia” con fotografie di cinque autori campani. Curata da Franco Cipriano in collaborazione con Artlante, l’esposizione presenta i lavori di Adelaide di Nunzio, Anita Ferrara, Massimo Pastore, Ivan Piano e Luisa Terminiello.

Cinque modi diversi di intendere la fotografia, ma principalmente, cinque modi di intendere l’Ombra. Etimologicamente la fotografia è “scrittura di luce”, prodotta da un semplice atto chimico, si potrebbe dire autogenerata dalla stessa luce nel momento in cui incontra un materiale fotosensibile. Se nel suo formarsi la fotografia necessita di luce, il risultato di tale operazione però è un’ombra, impronta stessa della realtà alla quale si riferisce.

Al centro del progetto espositivo c’è la fotografia come pratica puramente autoriale, soggetta quindi ad una serie di scelte ponderate, una delle quali è sicuramente il bianco e nero. Ogni autore propone la propria poetica tramite lo scatto, non casuale, di eventi performativi, ovvero di soggetti colti nella loro mobilità o immobilità. Un gioco di proporzioni e suggestioni che porta continuamente a domandarsi sulla natura dell’artificio fotografico. Come sottolineava Barthes, la fotografia è Contingenza suprema, imprigionata nel pregiudizio che la vuole fedele alla realtà che presenta. I fotografi proposti da Spazio ZeroUndici, invece, tendono a mettere in moto il procedimento inverso, di una fotografia che elude, nasconde, trasmuta la realtà fino a destabilizzarne la percezione.

Come scrive Franco Cipriano nel catalogo della serie Quaderni Arte correlato alla mostra, «L’invenzione stessa della fotografia è artificio d’ombre. Nella sua condizione originaria, nella posa o nelle ricostruzioni ambientali e delle narrazioni storiche, il rapporto della foto con la realtà è nel processuale non immediato. È in questa “messa in scena” che la fotografia inscena se medesima. Si può dire che nella fotografia ‘performativa’ l’immagine è precedente alla sua ripresa, è già nella realtà d’inscenazione corporea e spaziale della rappresentazione. Questa dimensione di ‘linguaggio’, le opere di “La gloria dell’ombra” articolano con intense quanto differenti ‘invenzioni’ visive».

Ed è così che Massimo Pastore pone tra gli antipodi dello spettro luminoso, il bianco e il nero, la variegata consistenza delle linee e dei volumi, in un gioco tra microcosmo e macrocosmo, tra il naturale e l’artificiale fino al trascendentale. Annarita Ferrara proietta la propria ombra negli spazi più intimi e segreti dell’anima, creando immagini dove la percezione spaziale viene totalmente distorta e il dato reale sfalsato. Interpretare l’ombra è come uno sprofondamento negli ambienti più reconditi dell’esistenza, dove le immagini emergono per poi fuggire nell’oscurità. Ed è così che il corpo, il soggetto, si moltiplica e si annulla dinnanzi alla potenza devastante delle tenebre che attanagliano l’essere umano. Adelaide di Nunzio, ispirandosi al romanzo di Malaparte, La pelle, ripropone il dramma di un’umanità distrutta dalla guerra, cercando di immobilizzare il movimento irrequieto di figure eternamente dannate.

Il movimento e la mutazione, trasfigurazione delle linee, di tutto ciò che si sottrae alla piena luce è anche rigore nei lavori di Luisa Terminiello, con uno sguardo alla fotografia d’avanguardia, una sperimentazione dei limiti della riconoscibilità della forma umana. La vita e il suo scorrere non tocca l’immobilità tenebrosa delle figure che Ivan Piano fa emergere dalle origini dell’immagine fotografica, quando essa serviva a suggellare il confine sacro dell’esistenza fino alla sua estremità ultima, facendo combaciare la natura già di per sé funerea della fotografia (e ancora una volta è Barthes che insegna come la Morte sia eidos stessa della Foto) con il suo contenuto.

Sara Errico, nell’intervento in catalogo, ravvisa come gli autori in mostra instaurino «con l’Ombra un rapporto dialogico, ognuno nel rispetto della propria poetica, stappano un attimo di luce all’Ombra, se ne immergono, ne interpretano ideologicamente il senso, la studiano o la guardano in faccia». Nel tentativo quindi di strappare sempre un po’ più di luce all’ombra, la fotografia come ossimoro di sé, si presenta nella molteplicità degli approcci in mostra a Spazio ZeroUndici.

Fino al 28 marzo 2015, visitabile dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 14.00, di pomeriggio su appuntamento. Per informazioni consultare la pagina facebook Spazio ZeroUndici.

Immagini della mostra a cura di Franco Cipriano e Angela Grimaldi

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Laureata con lode in Storia e Critica d'Arte presso l'Università degli Studi di Salerno con una tesi in Teoria della Critica d'Arte dal titolo "Spettatorialità e svolta sociale: la riflessione critica di Claire Bishop". Scrive per ZON dall'estate del 2014, occupandosi principalmente di arte, cultura e viaggi. Cura il blog personale "Cartabianca" e collabora con varie riviste di settore, come "Exibart" e "Arte e critica".