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Skèpsis, Alterazioni del tempo a Spazio Zero11

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Skèpsis, Alterazioni del tempo a Spazio Zero11

“Skèpsis, Alterazioni del tempo” è l’evento di apertura della stagione espositiva 2014/2015 dello Spazio Zero11, il laboratorio delle mostre del Liceo Artistico “G. de Chirico” di Torre Annunziata, in collaborazione con Artlante, studi e iniziative per l’arte contemporanea e con Di.St.Urb (Distretto di Studi Urbani in tempo di crisi)

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Lo scorso 20 novembre è stata inaugurata la prima esposizione personale di Pier Paolo Patti, Skèpsis – Alterazioni del tempo, a cura di Franco Cipriano, con la collaborazione di Raffaella Barbato, Luisa D’Auria e Carlo Mosca, e con il coordinamento di Felicio Izzo. Pier Paolo Patti è un artista autodidatta, professionista della macchina da presa, che da oltre dieci anni produce opere che hanno fatto parte di mostre collettive e festival in Italia e all’estero. Il suo ultimo lavoro svolto con Mastofabbro, Janvier, è stato recentemente premiato a Napoli alla XIV edizione del Festival del Cortometraggio O’ Curt, ed è presente inoltre al Festival International Signes de Nuit di Parigi.

La mostra si articola in una complessa installazione che indaga un tema sacro tramite il linguaggio video, e che si presta a diversi livelli di lettura, un mosaico di riferimenti e citazioni provenienti dalle sacre scritture. I materiali sono quelli della contemporaneità, che hanno caratterizzato il quotidiano del nostro passato prossimo: un’impalcatura da cantiere, degli schermi di televisioni e computer ormai obsoleti. Il linguaggio video elaborato attraverso le nuove tecnologie viene poi alterato da Patti tramite la contaminazione con strumenti ana-logici ottenendo un risultato finale inaspettato che caratterizza le sue opere. Riguardo la sua ricerca artistica Cipriano scrive «le immagini-luce manifestano il loro ritrarsi nelle testurizzazioni di luminose ombre, in apparizioni evanescenti che emergono quali orme della memoria senza origine».

Skèpsis, il dubbio, la continua ricerca di una verità che non potrà mai essere raggiunta accompagna l’analisi concettuale di Pier Paolo Patti. Il suo attento studio delle scritture lo hanno portato a confrontarsi continuamente con il confine tra ciò che può essere analizzato razionalmente e ciò per cui non esiste spiegazione alcuna, da credere o negare in toto. In questo caso viene presentato un episodio estremamente noto del Nuovo Testamento, l’Ultima cena, la cui articolazione apre a diverse interpretazioni a seconda del background culturale del fruitore. Infatti, in questo tipo di installazione ad entrare in gioco non è solo la ricerca e gli elementi messi in campo dall’artista, ma anche, e soprattutto, l’apporto personale di colui che osserva l’opera. Peculiarità dell’esposizione è la mancanza di linee guida per il fruitore, ciò appunto gioca sul coinvolgimento intellettuale ed emotivo che dovrebbe guidarlo verso la comprensione almeno parziale dell’opera.

Secondo uno schema tradizionale, ripreso dalle rappresentazioni rinascimentali (pre-leonardesche) dell’Ultima cena, i dodici schermi rappresentano ognuno un apostolo e il tredicesimo, al centro, è la metafora del Cristo Pantocratore, un grande buco nero che è insieme genesi e distruzione. Un monitor si presenta rivolto al contrario rispetto al punto di osservazione frontale, il quale sta per Giuda, il traditore, secondo la convenzione rappresentativa a cui si rifà Patti, nella quale l’apostolo è seduto nella parte opposta del tavolo rispetto al resto dei compagni e di spalle nei confronti dell’osservatore. Ciò fa venire alla mente la celebre Ultima cena di Andrea del Castagno (1447), i cui elementi in comune sono diversi. Interferenze e distorsioni rendono animata la rappresentazione differenziandola dalle antiche icone pittoriche, ciò permette uno svolgersi temporale dell’Ultima cena, elemento che appunto caratterizza l’installazione video. «Nella spazialità del dispositivo visivo presenta – scrive Franco Cipriano nel testo al catalogo – uno spazio di alterazione memoriale dell’immagine che attraversando con decostruzioni topologiche e iconotopiche la sacra scrittura cristiana insorge nel paradosso di un immobile movimento, nell’opera come sospensione del racconto, dove si avverte la tensione del cercare l’apertura del possibile nelle trame della rappresentazione, nelle ‘forme negative’ che indiziano nella scansione della scena un’altra dimensione della narrazione».

Skèpsis

Ed ecco quindi che l’avvenimento sacro si manifesta sotto gli occhi dell’osservatore, attraverso lo scorrere delle immagini e dei simboli caratterizzanti di ogni discepolo. Si possono riconoscere le croci degli apostoli che sono stati martirizzati per crocifissione, la fissità delle righe rendono la figura di Giuda un elemento di disturbo, mentre una bilancia coglie l’animo equilibrato di Giacomo Minore e il verde, segno di speranza e giovinezza, è peculiarità di Giovanni le cui “onde” tendono idealmente a Cristo («Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù». Gv 13,23). Come suggerisce il titolo della mostra, “alterazioni del tempo“, Skèpsis è un’installazione i cui tempi sono diversi e scanditi dai differenti medium che entrano in gioco. La grande installazione che occupa il centro della sala rappresenta il tempo della vita, il presente, lo spazio nel quale le azioni si svolgono e subiscono modificazioni. Sulla parete opposta si trova invece la “messa in ordine” dell’opera, una serie di 21 still per video disposti secondo una numerologia cristiana alla quale, come spiega Pier Paolo Patti, «si è arrivati avendo già in mente cosa si voleva fare e non il contrario».  I frame disposti su sette livelli per trentasei file rappresentano una scansione del tempo, mettendo a confronto l’opera video, effimera e varia, con il concetto di eternità.

Altro punto focale dell’installazione è la frase ripresa dal vangelo apocrifo di Tommaso: «Gesù disse: essi riposeranno sopra un letto: uno morirà, l’altro vivrà», la quale, piuttosto che chiudere il cerchio delle riflessioni operate da Patti, apre ad altre riflessioni che declinano il tema “senza tempo” dell’Ultima cena alle questioni sociali del presente. L’insieme di elementi che caratterizzano Skèpsis possono essere letti attraverso molteplici punti di vista, l’autore stesso ha voluto che fosse il confronto attivo con il pubblico a produrre significati nella sua opera. L’osservatore si trova di fronte ad una mise en abyme, dove la densità di significati si accompagna alle distorsioni visive delle immagini sugli schermi. L’impossibilità del raggiungimento di una verità assoluta viene sottolineata dall’andamento in loop dei video, i cui suoni labirintici spingono la mente a vagare in un’introspezione spirituale senza fine.

La mostra si propone anche come una visione antologica del lavoro di Pier Paolo Patti, infatti a corredare l’installazione prettamente site specific vi sono alcuni suoi lavori precedenti o coevi. Infine, un piccolo schermo posto nei pressi dell’ingresso, che rimanda visivamente ai dispositivi di videosorveglianza, trasmette immagini dell’edificio scolastico e degli ambienti della mostra completamente vuoti. Ed è in quelle immagini che l’opera può essere vista nella sua totalità, in assenza della presenza umana, ed emana tutta l’apparente vitalità dello svolgersi di un’Ultima cena.

L’esposizione  di Spazio Zero11 ha un’articolazione ambiziosa, che rivendica una divulgazione culturale di spessore che non ha nulla da invidiare ai grandi centri artistici come Napoli. Nell’evento di finissage della mostra, previsto il prossimo gennaio, verrà presentato il catalogo della mostra accompagnato da una conversazione critica e dalla proiezione del corto di Pier Paolo Patti Janvier. La mostra sarà visitabile fino al 20 dicembre dalle ore 10 alle 14, di pomeriggio su appuntamento. Per maggiori informazioni consultare la pagina facebook di Spazio Zero11.

Immagini per gentile concessione di Pier Paolo Patti.