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Massimo Ranieri e la sua Napoli in chiave jazz alla Reggia di Caserta

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Massimo Ranieri e la sua Napoli in chiave jazz alla Reggia di Caserta

Massimo Ranieri ed il suo “Malia Tour” sbarcano alla Reggia Di Caserta con uno spettacolo molto intimo e suggestivo, frutto della commistione tra il dialetto napoletano e la musica d’oltreoceano

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Musica, musica, ed ancora musica. Potrebbe essere questo l’unico termine ideale per descrivere totalmente il “Malia tour” di Massimo Ranieri che ieri sera ha fatto tappa nella splendida cornice della Reggia Di Caserta, in occasione della manifestazione “Un’estate da Re”. Su di un palco scarno, illuminato da poche semplici luci a fare da contrasto ad uno sfondo nero, l’artista partenopeo sembra iniziare lo show dalla parte finale, e cioè presentando ad uno ad uno, come lui stesso li definisce, i membri “del quintetto di musicisti che formano la mia nazionale del jazz, con i quali mi sono ritrovato a suonare in questa location nonostante i miei sessantasei anni d’età. Una cosa che non avrei mai immaginato fino a poco tempo fa.”

Il progetto portato in scena è molto particolare e trae origine dall’ultimo lavoro discografico realizzato da Ranieri, e cioè il disco omonimo che dà il nome al tour e nel quale, avvalendosi della collaborazione di Mauro Pagani, il cantante ha ripreso in chiave jazz diversi classici della canzone napoletana. Il risultato finale è un vero e proprio viaggio nella Napoli degli anni ’50 e ’60, quella di Carosone, Nino Taranto e Totò, più volte citati dallo stesso artista con brevi aneddoti a fare da incipit ai vari brani eseguiti.

Partendo da questa idea, il percorso tratteggiato nel disco viene trasposto e concretizzato in maniera ottimale anche sul palco proprio nel segno della musica jazz che, a dispetto di quanto si potrebbe credere, ben si adatta al linguaggio ed all’andamento dialettale dei versi dimostrandosi in grado di donare una nuova veste a tutte le canzoni presenti in scaletta. Il risultato finale nella sua interezza è la creazione di un’atmosfera a metà strada tra il mondo dei piano bar e quello della vita notturna, in cui la musica non fa da semplice accompagnamento alla voce dell’artista partenopeo, come ci si aspetterebbe, ma funge da vero e proprio leitmotiv della serata, complice anche la bravura dei suoi esecutori.

In rapida successione scivolano via una dopo l’altra le varie “Luna Caprese” o “Malafemmena”, eseguita interamente solo con piano e tromba, a cui si associano, tra le altre, le onnipresenti “Tu vuò fa l’americano” o “Torero”, che donano un pò di ritmo alla platea, ed una bellissima versione di “Tutta n’ata storia” con doveroso omaggio a Pino Daniele. Tutto nel segno di una nuova musicalità che, tra le diverse miscelazioni di sassofono e tromba onnipresenti in ogni brano cui si associano il ritmo di violoncello e batteria e gli accordi decisi al pianoforte, sembra avvicinare il ritmo partenopeo a quello jazzistico tipicamente made in U.S.A, “un vero e proprio pianeta che – afferma lo stesso Ranieri- per me è sempre stato sconosciuto, prima di rivelarsi  esperienza straordinaria.”

A coronare il tutto ci pensano la voce, sempre chiara,pulita altisonante, e soprattutto la presenza dell’istrionico Ranieri che, tra un accenno di ballo , un dialogo ed una delle tante movenze ormai ben note al grande pubblico, più volte si allontana dal centro del palco per appoggiarsi al piano, sfruttato quasi a mò di bancone da bar,in modo tale da lasciare tutta la scena “alla sua nazionale” che si diverte, arricchendo ogni pezzo quasi come fosse una jam session, e che soprattutto fa divertire il pubblico. Ed il bello è che il primo a goderne è lo stesso Massimo Ranieri dal suo “bancone da bar”.

Fotogallery a cura di Alfonso Maria Salsano:

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