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Marito condannato per reati tributari, possono essere confiscati i gioielli della moglie

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Marito condannato per reati tributari, possono essere confiscati i gioielli della moglie

La vicenda traeva origine da un decreto di sequestro preventivo, finalizzato a una confisca per equivalente avente a oggetto alcuni gioielli di proprietà esclusiva della moglie di uno degli indagati

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A cura dell’ Avv. Luca Monaco del Foro di Salerno

E’ quanto si evince dalla lettura di una recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 6595/2017).

La vicenda traeva origine da un decreto di sequestro preventivo, finalizzato a una confisca per equivalente, emesso nell’ambito di un procedimento penale per reati associativi di natura fiscale, avente a oggetto alcuni preziosi di proprietà esclusiva della moglie di uno degli indagati.

Il Gip, successivamente adito, rigettava la richiesta di restituzione dei gioielli formulata dalla signora, di talché la stessa proponeva appello cautelare al Tribunale del riesame. Il Giudice dell’appello accoglieva l’impugnazione sulla scorta della considerazione per la quale il ritrovamento dei beni nella casa coniugale non costituisse prova della loro disponibilità in capo all’indagato e che non fosse sufficiente, con riguardo a beni intestati a terzi, argomentare sulla scorta dell’assenza di redditi riconducibili a quest’ultimi, tali da giustificarne la loro piena titolarità, essendo, per converso, necessario dimostrare che i beni siano nella materiale disponibilità dell’indagato.

Di diverso avviso era, invece, la Suprema Corte che, su ricorso del pubblico ministero, annullava con rinvio l’ordinanza del Tribunale del riesame, alla stregua di talune osservazioni.

In limine il Collegio degli Ermellini chiariva, sulla scorta di un pregresso e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che per “disponibilità” del bene si deve intendere una relazione tra lo stesso e l’indagato in un’accezione perfettamente sovrapponibile alla nozione di possesso in senso civilistico. Pertanto, secondo il ragionamento della Corte, non è nemmeno necessaria la prova di un uso effettivo del bene da parte dell’indagato, ben potendosi sostanziare il possesso in una sorta di esercizio mediato, ovvero per il tramite di terzi.

Nel caso di specie, l’uso da parte della moglie dell’indagato dei beni oggetto di sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, non escluderebbe la disponibilità degli stessi anche in capo al marito: “l’uso esclude la disponibilità dell’altro coniuge solo quando ha ad oggetto un bene strettamente personale che, per questa ragione, è sottratto alla comunione legale”.

Né, a parere della Suprema Corte, può escludersi rilevanza al regime patrimoniale dei coniugi nella valutazione del caso di specie: in presenza di comunione legale dei beni, infatti, gli acquisti successivi al matrimonio sono di proprietà anche dell’altro coniuge.

Viceversa, in caso di regime di separazione legale dei beni, è possibile ricorrere al criterio del reddito, ovvero a una valutazione del reddito del coniuge non indagato, che si assume esserne il proprietario, onde stabilire se la posizione economica di quest’ultimo giustifichi l’acquisto dei beni sequestrati e, in caso contrario, è suo onere dare prova della sua disponibilità esclusiva sugli stessi.

 

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