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L’Inchino Italiano

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L’Inchino Italiano
inchino italiano

La metamorfosi tutta italiana dell’Inchino Italiano

di Danilo Iammancino

[…] Per lui la lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni […], le più adatte a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità[…]

borsellino

È un Borsellino intriso di solitudine e amarezza quello che, ad un mese di distanza dalla distanza dalla Strage di Capaci, ricorda il fratello e amico Giovanni Falcone. La decisione di partorire questo mio editoriale con un virgolettato è dovuta proprio al fatto che le stesse identiche parole mi rimbombavano nella testa mentre visionavo la  notizia dell’inchino della Madonna di Oppido Mamertina.

A dir la verità rimango sempre affascinato dall’arte dell’inchino. Ogni giorno, in tutto il mondo, ci sono persone che iniziano la giornata inchinandosi. I cristiani si inginocchiano per le preghiere del mattino, i musulmani si volgono verso est, verso la Mecca, per la prima salat (preghiera) della giornata, gli ebrei daven (pregano), i buddhisti si prosternano . Durante il giorno molte altre persone trovano il tempo per fare una pausa e, piegando il corpo verso terra, si inchinano come parte della loro pratica spirituale. Ogni tradizione religiosa ha il suo modo di inchinarsi ma, nonostante l’apparente differenza tra la genuflessione cattolica e il prostrarsi buddhista, tutte condividono il bisogno di esprimere aspirazioni, ideali e fede con il gesto di inchinarsi.  L’inchino è praticato per invocare l’aiuto divino, riflettere sullo spirito umano o raggiungere l’illuminazione, ma anche per molti rappresenta il modo per “risvegliarsi” alla vita spirituale, è una pratica spirituale che usa il corpo per risvegliare la mente e lo spirito.

inchino italianoSe tutto questo è vero che qual è il concetto italiano dell’inchino? Se proprio devo esservi sincero qualcosa non mi torna. Inchino inteso come manovra che costò la fine della Costa Concordia e molto di quanto in essa contenuto, oltre le vittime ovviamente e alla nostra reputazione nel mondo? Non mi sembra questo antico gesto giapponese, essere simbolo di rispetto, se poi ci ritroviamo con mostruose stragi sulle spalle oltre che inquinamenti nel mondo, nei mari e forse anche nelle nostre coscienze.

Inchino come quello di Oppido Mamertina dove sono passate circa  due settimane dalla visita di Papa Francesco e dalla sua “scomunica dei mafiosi”, eppure, durante la processione, la Madonna si ferma davanti alla casa di Giuseppe Mazzagatti, 82 anni, ergastolano per omicidio e associazione a delinquere per stampo mafioso, agli arresti domiciliari per problemi di salute. L’antica pratica in quest’occasione muta e  si tramuta da “risveglio spirituale” a “resa referenza”. L’antico ed immutabile “rispetto” al boss un concetto radicato, difficile da estirpare; un cancro diffuso ormai divenuto metastasi. Chiariamo: non è vero che tutti, ma proprio tutti, si sono fermati ad aspettare che la statua della Madonna riprendesse il cammino interrotto per ben mezzo minuto. Ben tre, e dico tre persone si sono indignate e se ne sono andate. I tre sono carabinieri. Questo sicuramente ci fa ben sperare.

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Nella parte iniziale del mio editoriale ho evidenziato il fatto che l’Inchino può anche essere inteso come “risveglio spirituale”; lo stesso che forse noi tutti dobbiamo  ponendo l’accento critico sul modo sterile, illusorio ed ideologico di condurre in Italia la lotta sociale alla mafia. A volte anche io, per mia formazione giornalistica, mi interrogo se le tante iniziative per la legalità non servano più a noi che le organizziamo che a quelli verso i quali sarebbero dirette. Poi finisco per concludere che forse quelle parole di Borsellino devono continuare ad indicarci la strada. Come se fosse una tradizione religiosa, come se fosse una preghiera a cui appellarsi al mattino, come se fosse un nuovo rituale. Infatti, come si fa a dire che la forza della legge, rapida, efficace, e massiccia non sia una delle più auspicabili forme di contrasto del crimine? Ed allo stesso tempo non si può dire che le tante iniziative finalizzate a sensibilizzare soprattutto i giovani ai temi del rispetto delle regole e della conoscenza dei nomi e delle storie delle tante vittime innocenti non servano a nulla.

Estirpare un rituale ed introdurne uno nuovo non è mai facile. Ci vuole il tempo e ci vuole un passaggio di mentalità, un nuovo spirito un nuovo modo di vedere le cose. E’ forse un qualcosa che non riusciremo a vedere noi, ma i figli dei nostri figli. Ma è difficile condurre questa battaglia, se sin da subito non si entra nel vivo dell’educazione civica iniettando nelle fervide menti dei ragazzi  insegnamenti, esempi e valori. Ancor più difficile se poi il tutto è contestualizzato in differenti cornici, dove ormai l’illegalità è divenuta quotidianità e stato.

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La speranza che tutto venga trascinato via come la Concordia deve essere sempre viva. Così come la speranza che nessuno si inchini più e porti rispetto, se non con la pratica quotidiana e l’ assunzione di responsabilità costanti, a partire dal proprio lavoro, dall’amore che lega le persone all’ambiente, alle cose, agli animali.

Sembra utopia ma “[…]rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità[…]” è un dovere che non dobbiamo lasciare in eredità alle nuove generazioni ponendo così fine alla “Catena di Sant’Antonio”.  In modo che gli inchini finiscano e i nostri figli possano camminare con  la schiena ben dritta e la testa alta.