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La situazione di crisi in cui versa la legge italiana

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La situazione di crisi in cui versa la legge italiana

Quali sono i fattori che alimentano la crisi della legge?

Il termine “crisi” viene attualmente riferito per lo più al tracollo economico finanziario che sta travolgendo il nostro paese. Lo stato deve indubbiamente rialzarsi ma per raggiungere l’obiettivo, deve altresì disporre di mezzi all’avanguardia per poter agire e a riguardo, potrebbe anche osservarsi che  l’impianto legislativo installato nel nostro ordinamento costituzionale probabilmente abbisogna di qualche piccolo aggiornamento.

E’ ormai risaputo che il nostro sistema, storicamente, lamenta una costante abitudine a legiferare per il tramite dei decreti legge, prassi questa che tuttora caratterizza il nostro flusso legislativo.

Il Governo infatti, a norma dell’art. 77 Cost., può emanare provvedimenti provvisori aventi forza di legge ( ossia i meglio conosciuti decreti legge) ma ciò, si badi bene, solo in casi straordinari di necessità e urgenza (e non costantemente, come in realtà accade). Tali atti necessitano di una conversione “in legge” in sede parlamentare che deve concludersi entro e non oltre 60 giorni, pena la decadenza dello stesso decreto legge.

Si noti adesso come attraverso la conversione, sia possibile ottenere una vera e propria legge in soli 60 giorni, tempi impensabili se si usasse l’iter parlamentare ordinario.

Viene in rilievo un aspetto ulteriore: il Parlamento normalmente va a modificare, ad emendare, il testo del decreto in sede di conversione: e il leggerisultato? Un decreto legge emanato per dare disposizioni in tema di olimpiadi invernali (ci riferiamo a Torino 2008) che contiene norme sul traffico di stupefacenti, oppure un provvedimento urgente in materia di prevenzione dei reati che subisce l’inserimento norme riguardanti gli onorari spettanti ai giudici, oppure ancora pensiamo al recentissimo decreto che ha introdotto la  fattispecie del femminicidio, che contiene tra le tante altre, norme sulla protezione civile. Questi rappresentano solo degli esempi ma le ipotesi di questo tipo hanno raggiunto numeri esorbitanti.

Il fenomeno è accentuato dal fatto che spesso già il decreto legge in sé prima della presentazione alle Camere si presenta disomogeneo, per divenirlo poi ancora di più ad opera del Parlamento. Ecco cosa accade praticamente: si sfrutta la brevità dei tempi caratterizzante il decreto legge, sottraendolo così all’iter ordinario che sarà sicuramente più lungo, per inserirvi in sede di conversione (ma anche prima ad opera dello stesso governo), disposizioni in merito ad ambiti che nulla hanno di necessario e urgente né tantomeno interessano l’oggetto del decreto legge.

A parte lo sfruttamento dell’istituto, viene in rilievo un altro punto: il decreto visto il suo conseguente smoderato ampliamento, necessiterà di un esame più complesso da parte delle commissioni parlamentari (a volte addirittura vengono chiamate in causa più di 10 commissioni per materia) e allora sorge una domanda spontanea: anche in tal caso il termine di 60 giorni è sufficiente? Stesso discorso vale per i decreti con i quali sono state approvate grandi manovre finanziare.

leggeDoveroso ricordare inoltre che se da un lato recentemente la Corte costituzionale (sent. n. 22/2012) ha sancito che tra decreto legge e legge di conversione vi deve essere una sostanziale omogeneità, dall’altro tale limite comunque non è oggetto di una previsione costituzionale, ma solo di una legge ordinaria (ci riferiamo in particolare alla 400/1988).

Appare opportuno chiederci, visto che troppo spesso ci si lamenta della qualità delle leggi: se in Italia vi è un bicameralismo perfetto e vi sono più di 900 parlamentari (numeri da record) per cui se si vuole seguire l’iter normale ci si impiega troppo tempo perdendosi nei passaggi da una camera all’altra, perché non passare ad una sola Camera e diminuire il numero dei parlamentari? Ancora, se si volesse evitare l’abuso del decreto legge e godere in tal modo di una situazione legislativa più ordinata, allora perché non inserire dei limiti precisi direttamente nella Costituzione, (la quale peraltro è entrata in vigore in tempi ben lontani dal 2013)? Ogni legge infatti, anche quella suprema, è caratterizzata dal momento storico in cui nasce e forse, a questo punto, è giunta l’ora di apportare qualche modifica.